lunedì 12 luglio 2021

Riccardo Muti ritorna al Teatro La Fenice

Il concerto vuole celebrare le nozze d’oro della Fenice con Muti, cadendo a cinquant’anni – o meglio, vista la riprogrammazione, a cinquantuno – dalla sua prima apparizione a Venezia.

Riccardo Muti ritorna al Teatro La Fenice
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"Un legame specialissimo lega la Fenice a Riccardo Muti: a lui fu affidato il compito di dirigere il concerto che sancì la riapertura del 2003, e quell’evento fu solo il tassello di uno straordinario mosaico di concerti che il maestro ci ha regalato negli ultimi cinquant’anni". Così Fortunato Ortombina, sovrintendente e direttore artistico del Teatro La Fenice di Venezia, presenta l’attesissimo e ormai prossimo ritorno di Riccardo Muti nella sala veneziana.

Riccardo Muti ritorna al Teatro La Fenice

Recuperando, come promesso, il concerto che era stato annunciato per lo scorso novembre, il maestro Muti tornerà sul podio del Teatro veneziano lunedì 12 luglio 2021 alle ore 20.00. Il concerto vuole celebrare le nozze d’oro della Fenice con Muti, cadendo a cinquant’anni – o meglio, vista la riprogrammazione, a cinquantuno – dalla sua prima apparizione a Venezia. E giunge ora più che mai atteso e di buon auspicio per ‘rispondere’ con l’emozione della grande musica al momento di estrema difficoltà che l’emergenza epidemiologica ha prodotto sulla città, sul comparto professionale della musica e su quello in generale dello spettacolo dal vivo. Il programma musicale del concerto vedrà Muti e l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini impegnati nell’esecuzione di musiche di Franz Schubert: l’Ouverture in do maggiore op. 170 im italienischen Stile (nello stile italiano) D 591 e la Sinfonia in do maggiore D 944 La grande.

Sono passati cinquantuno anni dal debutto di Riccardo Muti in Fenice: era l’estate del 1970 quando per la prima volta il direttore d’orchestra oggi forse più conosciuto e apprezzato nel mondo diresse l’Orchestra del Teatro La Fenice e il Coro Filarmonico di Praga nel Magnificat di Bach e nell’oratorio Cristo al Monte Oliveto di Beethoven.

Gli anni Settanta videro poi Muti tornare in laguna in numerose occasioni: nel 1971, quando diresse la compagine fenicea nella Settima di Beethoven e la Quinta di Čajkovskij; nel 1972 per interpretare l’oratorio Ivan il terribile di Prokof’ev; e ancora nel 1978, stavolta alla testa della Philharmonia Orchestra di Londra, per dirigere un programma di musiche russe dal Romeo e Giulietta di Čajkovskij alla Terza Sinfonia di Prokof’ev, passando per la suite dell’Uccello di fuoco di Stravinskij. In epoca più recente, molti ricorderanno ancora il memorabile concerto del 1995, quando diresse la Filarmonica della Scala ancora una volta nella Settima di Beethoven e nei Quadri di un’esposizione di Musorgskij; ma indimenticabile e dall’altissimo valore simbolico è ancor più il concerto del 14 dicembre 2003: fu proprio Riccardo Muti a dirigere Orchestra e Coro del Teatro La Fenice nel concerto di riapertura del Teatro ricostruito.

Il programma musicale della serata si aprirà con la gioiosa freschezza dell’Ouverture in do maggiore op. 170 im italienischen Stile (nello stile italiano) D 591 di Franz Schubert (1797-1828). Lo stile italiano della denominazione si riferisce al tormentone ‘rossiniano’, che in pochi anni investì l'intera Europa e che transitò su Vienna a partire dal 1816, e rispetto al quale non restò indifferente nemmeno Schubert: desideroso di affinare uno stile che potesse anche venire incontro ai gusti del pubblico, il compositore austriaco non poté fare a meno di misurarsi con questo stile vincente e l’Ouverture in do maggiore, composta nell’autunno del 1817, ne è senz’altro la prova più significativa. Formata da un'introduzione lenta, da una sezione in forma-sonata senza sviluppo e da una stretta in tempo accelerato, l’opera presenta elementi rossiniani nei numerosi assoli dei legni, nella costruzione ritmicamente spiccata dei temi, nella costruzione delle frasi di transizione e naturalmente nei crescendo.

Ma non mancano, in particolare nella condotta dell'armonia e negli improvvisi oscuramenti cromatici, così come in certe inflessioni chiaramente viennesi della melodia, alcuni stilemi musicali che rendono quest’opera indiscutibilmente schubertiana. Di tutt’altra stoffa, la Sinfonia in do maggiore D 944 Grande di Franz Schubert è il progetto più ambizioso del compositore austriaco nel campo della musica sinfonica.

Il periodo di gestazione, di gran lunga superiore rispetto alle sue abitudini e attraversato da numerosi abbozzi di altre pagine sinfoniche, lascia intuire l’importanza che l’autore attribuiva al lavoro e il suo desiderio di presentarsi, in questo genere, all’altezza dei grandi capolavori beethoveniani. I primi schizzi della Sinfonia risalgono al 1825, durante un viaggio estivo nella zona di Gmunden e Bad Gastein, ma il lavoro fu terminato solo nel marzo 1828, l’ultimo anno di vita del compositore. Schubert non ebbe mai la possibilità di ascoltare la sua musica, che fu eseguita la prima volta al Gewandhaus di Lipsia il 21 marzo 1839.

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