Battaglia legale

Morì falciato da un'auto: Veneto Strade risarcisce i familiari, il Comune no

I famigliari non si danno pace e chiedono al Comune il rispetto della parola data.

Morì falciato da un'auto: Veneto Strade risarcisce i familiari, il Comune no
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Era l'11 novembre del 2018 quando una Mercedes centrò violentemente il giovane Alvise Donà. A nulla servirono i soccorsi, il 26enne morì. Ora però la ferita si riapre sulle responsabilità del Comune di Venezia e sui rimborsi.

Una vita spezzata

Un giovane pieno di sogni, di speranza, di desideri, con gli occhi diretti verso il futuro. E una famiglia, molto unita, che non riesce ancora a darsi pace. E poi quel drammatico giorno, quel terribile 11 novembre del 2018, quando il 26enne Alvise Donà, perito informatico che abitava con la famiglia a Cannaregio, dopo aver trascorso un pomeriggio con i genitori e con la sorella alla Nave de Vero a Marghera, si era diretto alla fermata del bus per raggiungere il centro Mestre. Pochi metri di strada che però gli furono fatali.

Morì falciato da un'auto: Veneto Strade risarcisce i familiari, il Comune no

Si sarebbe incontrato con la fidanzata

Il giorno dopo avrebbe compiuto gli anni, 27 per essere precisi. E quel pomeriggio avrebbe dovuto vedere la sua ragazza, ma attraversando via Padana, all'altezza dell'incrocio con via dell'Arena, un'auto condotta da un uomo di Chioggia, lo falciò. L'impatto fu terribile e a nulla servì la corsa dei soccorritori. Un dramma che ancora vive nel cuore dei suoi famigliari che, affidandosi allo studio legale Studio3A hanno chiesto conto agli enti responsabili.

Morì falciato da un'auto: Veneto Strade risarcisce i familiari, il Comune no
Alvise Donà

La battaglia legale e una ferita mai rimarginata

"La tragedia ha riaperto le polemiche sull’estrema pericolosità e la contraddittorietà di quel tratto di viabilità - hanno scritto dall'ufficio legale - Via Padana, sino a un centinaio di metri a monte del punto d’urto, ha carattere di strada urbana ed è gravata dal limite di velocità “zonale” di 50 km/h".

Successivamente, passato il cartello di “fine centro abitato” di Marghera, diviene una strada extraurbana a tutti gli effetti, gestita da Veneto Strade, e soggetta, mancando una diversa segnalazione, al limite generico di categoria (90 km/h), nonostante l’ambito urbano in cui è inserita non muti, almeno sino ad oltre l’intersezione con via dell’Avena, in corrispondenza della quale è successo l’incidente e dove si trovano le fermate degli autobus extraurbani di servizio alla zona industriale/artigianale di via Colombara/via dell’Avena.

"Non si contano gli incidenti, anche gravi e mortali come quello occorso al giovane veneziano, di cui è stata teatro quell’intersezione, passaggio obbligato per centinaia di pendolari dato che dalla parte opposta si trova, appunto, la fermata Actv. Una situazione resa ancora più insidiosa, all’epoca, dalla mancanza sul tratto stradale in questione, per ben più di centro metri, di attraversamenti pedonali segnalati: per i pedoni l’unica possibilità per raggiungere il margine opposto era di attraversare di corsa, quando non sopraggiungevano veicoli, cercando di calcolare bene i tempi perché i mezzi in transito viaggiano anche spediti. “Impresa” purtroppo non riuscita, quella sera, ad Alvise".

Falciato da un'auto all'incrocio maledetto

Dopo la sua morte, che ha scosso tutta la città, dalla community Facebook “Buongiorno Marghera” è così partita una petizione, #IoFirmo #AlviseDonà #ViaPadanaSicura, a cui hanno aderito centinaia di cittadini e attività commerciali del luogo, con lo scopo di mettere finalmente in sicurezza quel pericolosissimo punto nero e le firme raccolte sono state inviate alle autorità competenti in attesa di riscontri.

Ma a dare la “scossa” è stata la richiesta danni che Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, ha presentato il 17 luglio 2019, chiedendo anche le rispettive coperture assicurative, sia a Veneto Strade, come soggetto gestore della strada, sia al Comune di Venezia, dove essa ricade e a cui l’Ente regionale aveva già sollecitato la messa in opera di un passaggio pedonale, già a partire dal febbraio del 2017, più di un anno e mezzo prima delle tragedia.

La perizia

I familiari della vittima, infatti, tramite la responsabile dell’area consulenti personali sinistri gravi, Daniela Vivian, si sono affidati a Studio3A per essere assistiti e, dopo una trattativa con la compagnia di assicurazione dell’auto che ha investito il giovane, al cui conducente è stato riconosciuto un concorso di colpa, sono stati risarciti. Si è però ritenuto di chiamare in causa anche gli Enti pubblici interessati proprio in virtù delle annose carenze di sicurezza di quell’arteria, tanto più in presenza di una fermata del bus.

Prima di procedere, peraltro, Studio 3A ha affidato una perizia a un esperto, l’ingegnere cinematico Enrico Dinon, che ha concluso inequivocabilmente come “in quel tratto, nonostante la oggettiva pericolosità e la presenza di fermate di autobus, sono totalmente assenti attraversamenti pedonali segnalati e/o un limite di velocità compatibile con un arresto tempestivo dei veicoli in presenza di pedoni in carreggiata. Ciò non è conseguenza di oggettive difficoltà operative, ma solo di un’inaccettabile inerzia da parte degli enti preposti alla gestione della strada”.

Agosto 2019, compare un semaforo

Sta di fatto che pochi giorni dopo la presentazione della richiesta danni, nell’agosto 2019, sul luogo dell’incidente sono finalmente apparsi un semaforo a chiamata per l’attraversamento pedonale con relativo cartello installato su un palo a pastorale, implicita ammissione che quell’intersezione necessitava di interventi urgenti di messa in sicurezza.

“Ringrazio tutti voi, a nome mio e dei miei genitori per la solidarietà avuta nei nostri confronti e per non aver lasciato cadere la cosa nel vuoto” aveva commentato allora sulla pagina Fb di "Buongiorno Marghera" la sorella Annalisa, a cui se non altro resta la consolazione che la morte del fratello non è stata del tutto vana e che grazie alla mobilitazione che ne è seguita potranno essere evitati altri drammi. Ma con un immenso rammarico: "se quel semaforo fosse stato messo a tempo debito, viste tutte le segnalazioni fatte per la pericolosità di quella maledetta strada - concludeva Annalisa - mio fratello sarebbe ancora vivo”.

L'appello, Veneto Strade risarcisce ma il Comune no

"Come spesso capita, infatti, la risposta della pubblica amministrazione è arrivata troppo tardi per Alvise, e di questo fatale ritardo i suoi familiari e Studio3A hanno chiesto conto. Si è così arrivati a definire in via stragiudiziale un risarcimento in capo a Veneto Strade (per circa un terzo) e al Comune di Venezia (per la restante parte), ma se l’ente regionale ha mantenuto gli impegni e ha già risarcito i Donà, non altrettanto ha fatto l’Amministrazione comunale veneziana che, nonostante i solleciti, non si è più fatta sentire. Un atteggiamento inspiegabile dopo gli accordi intercorsi e che, in caso di ulteriori mancate risposte, costringerà una famiglia già fin troppo segnata ad andare anche per le vie legali".

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