La battaglia legale continua

Strage della Solfatara, slitta al 2021 la sentenza

Alla sbarra il rappresentante, altri cinque soci e la "Vulcano Solfatara Srl" che gestiva il sito naturalistico di Pozzuoli

Strage della Solfatara, slitta al 2021 la sentenza
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Fu una vera e propria tragedia quella che si consumò a Pozzuoli nel 2017 e agli imputati sono contestati reati pesantissimi.

Strage della Solfatara

Era il 12 settembre del 2017 quando i coniugi veneziani di Meolo Massimiliano Carrer e Tiziana Zaramella, insieme al figlio Lorenzo, durante una visita al sito naturalistico di Pozzuoli, persero tragicamente la vita. E ancora oggi non sono state individuate dalla giustizia delle responsabilità definitive. Sì, perché slitta al 2021 la sentenza del processo che vede alla sbarra il legale rappresentante, altri cinque soci e la "Vulcano Solfatara Srl" che gestiva il sito naturalistico di Pozzuoli. L'udienza di oggi, giovedì 12 novembre 2020 in Tribunale a Napoli è rinviata al 9 dicembre per la prosecuzione delle arringhe difensive e per le repliche dei Pubblici Ministeri si dovrà attendere l'11 gennaio.

Il dramma

Il ragazzino, avvicinatosi alla zona della fangaia, che era aperta al pubblico, per scattare una foto, precipitò in seguito all’apertura di una voragine sotto i suoi piedi, che inghiottì uno dopo l’altro, stordendoli con i gas del sottosuolo, anche il papà e la mamma, precipitatisi a ruota nel vano tentativo di salvare il ragazzo. Sopravvisse solo il figlioletto più piccolo dei Carrer, che ha assistito impotente al dramma e oggi vive con la zia. I familiari delle vittime sono assistiti da Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, con gli avvocati Alberto Berardi, del Foro di Padova, e Vincenzo Cortellessa, del Foro di Santa Maria Capua Vetere, e sono già stati risarciti integralmente, ma ora chiaramente si aspettano che sia fatta giustizia anche sul fronte penale.

La Solfatara

La battaglia legale

Per questa tragedia sono stati rinviati a giudizio Giorgio Angarano, 73 anni di Pozzuoli, legale rappresentante della “Vulcano Solfatara srl”, e cinque soci della stessa: Maria Angarano, 75 anni di Pozzuoli, Maria Di Salvo, 70 anni, di Pozzuoli, l’omonima Maria Di Salvo, 41 anni, di Napoli, Annarita Letizia, 71 anni, di Pozzuoli, e Francesco Di Salvo, 45 anni, di Napoli. Rinviata a giudizio anche la stessa società in persona del suo legale rappresentante. Sono accusati di aver causato il decesso dei tre turisti “per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia nell’aver gestito il sito vulcanico”, classificato dalla Commissione Grandi rischi “in zona rossa”, “in assenza di qualsiasi cautela idonea ad assicurare che l’attività turistico-ricettiva fosse svolta in modo da garantire la sicurezza dei lavoratori dipendenti e dei terzi visitatori”. Agli imputati sono contestati reati pesantissimi (ben 14 capi d’accusa ai sensi del codice penale e del Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro), in primis, quelli di omicidio colposo in concorso, con l’aggravante di essere stato commesso in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e ai danni di più persone, e di disastro colposo, per i quali sono previsti svariati anni di reclusione, di qui la scelta del rito abbreviato che darà loro diritto alla riduzione di un terzo della pena.

Chieste condanne pesanti

Infatti, i due Pubblici Ministeri della Procura partenopea, Anna Frasca e Giuliana Giuliano, titolari del relativo procedimento penale hanno chiesto pene pesanti: 6 anni (con già conteggiato lo sconto di un terzo della pena, la richiesta base sarebbe stata 9 anni), per Angarano, 5 anni e 4 mesi (anche questi già ridotti da 8) per gli altri cinque soci, pena pecuniaria di 172mila euro per la società e confisca dell’area, già sotto sequestro dal giorno della tragedia.

Nell’udienza di oggi, giovedì 12 novembre 2020, in Tribunale a Napoli, avanti il giudice Egle Pilla, erano in programma le arringhe difensive. I legali di Angarano, in estrema sintesi, hanno cercato di controbattere alle accuse mosse al loro assistito e di alleggerirne la posizione, asserendo anche che sarebbe stato lasciato solo dalle istituzioni, hanno ritenuto eccessiva la pena richiesta e contestato il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, considerato anche l’avvenuto risarcimento in favore dei familiari delle vittime; i legali dei soci che hanno parlato, invece, hanno portato avanti la linea della “estraneità” ai fatti contestati: i loro clienti, cioè, non avrebbero avuto alcuna delega né potere nella gestione dell’area di cui erano “solo” comproprietari. L’udienza però non è bastata per tutti i difensori degli imputati e per il legale della società e così il giudice ha rinviato il dibattimento al 9 dicembre 2020 per la prosecuzione e la conclusione delle difese, dando altresì l’indicazione (però da confermare) per la data dell’11 gennaio 2021 per le repliche della Procura. La sentenza quindi non potrà arrivare prima di quest’ultima udienza e molto verosimilmente si andrà anche dopo nel caso in cui il giudice conceda anche una contro-replica alle difese o si riservi un rinvio breve per la pronuncia.

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