Mondo del lavoro

Progressivo calo dei licenziamenti in tutta la Regione Veneto

In aumento le dimissioni volontarie ed attesa anche volontaria per i ricollocamenti

Progressivo calo dei licenziamenti in tutta la Regione Veneto

L’approfondimento dell’Osservatorio di Veneto Lavoro evidenza un progressivo calo dei licenziamenti in regione.

Ultimo triennio

Nell’ultimo triennio si sono attestati attorno alle 35 mila unità, rappresentando una quota minoritaria del totale delle cessazioni contrattuali. In aumento invece le dimissioni volontarie. Solo il 10% dei licenziati si ricolloca entro un mese, il 30% non risulta essersi rioccupato in regione, con contratto di lavoro dipendente o parasubordinato, neppure oltre i 12 mesi successivi

L’analisi

Dopo i picchi raggiunti durante la crisi economico-finanziaria del 2008 e negli anni immediatamente successivi, in Veneto si è registrato un progressivo calo dei licenziamenti, in particolare quelli da tempo indeterminato, nonostante il contestuale aumento delle attivazioni contrattuali. Una dinamica che, accompagnata dall’aumento delle dimissioni volontarie, suggerisce un rafforzamento della mobilità occupazionale dettata nella maggior parte dei casi dalle scelte dei lavoratori.

Quando andava peggio

Il picco massimo si è raggiunto nel 2012, con poco meno di 60.000 licenziamenti, cui è seguita una fase di contrazione che ha portato il flusso di licenziamenti ad attestarsi, nell’ultimo triennio, su una media di 35.000 unità, rappresentando comunque una quota minoritaria delle cessazioni contrattuali complessive.

Considerando i soli rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato il peso dei licenziamenti è diventato particolarmente contenuto, a fronte di un significativo incremento delle dimissioni. Nel 2024, ultimo anno di osservazione, i licenziamenti dal tempo indeterminato sono stati nel complesso circa 28.000, il 15% del totale delle cessazioni.

I casi più frequenti

Nella maggior parte dei casi i licenziamenti riguardano i licenziamenti economici individuali, ovvero recessi per volontà del datore di lavoro riferiti a procedure individuali, nel caso di oggettive difficoltà o necessità aziendali. Nell’ultimo triennio, dopo la sospensione in periodo pandemico, sono stati poco meno di 20.000. Tra questi rientrano anche le cessazioni unilaterali del rapporto di lavoro legate al cambio di appalto contraddistinte dall’immediata riassunzione dei lavoratori licenziati, che rappresentano mediamente un quinto del complessivo flusso dei licenziamenti economici.

Più in generale

Ma i licenziamenti non sono riconducibili soltanto a situazioni di crisi o difficoltà dell’azienda e possono anche rappresentare strumenti di gestione del personale, specie nel caso dei licenziamenti disciplinari, che a partire dal 2015 hanno mostrato un peculiare incremento anche a seguito delle modifiche normative introdotte dal Jobs Act. Nel 2024 in Veneto sono stati circa 7.400, pressoché il doppio di quelli registrati nel 2015, molti dei quali per giusta causa. A tale rafforzamento possono aver contribuito diversi fattori che, agendo simultaneamente, risultano aver favorito il ricorso a questa tipologia di recesso: ad esempio la limitazione dei casi di reintegra nel licenziamento illegittimo unita all’applicazione del regime a tutele crescenti, l’ampliamento delle casistiche ammesse o comportamenti elusivi volti a simulare situazioni di disoccupazione involontaria per poter accedere all’indennità di disoccupazione NASpI.

La ricollocazione

Il raffronto con le dinamiche registrate per le dimissioni evidenzia, come logico attendersi, un significativo divario tra i tassi di ricollocazione nel breve termine. Mediamente per i lavoratori dimessi, quindi senza accesso alla NASpI, il tasso si attesta attorno al 50% già entro un mese dalla dimissione, confermando in molti casi il passaggio più o meno immediato da un’occupazione all’altra, mentre su orizzonti temporali più lunghi i livelli di rioccupazione tendono a convergere.

Per saperne di piùhttp://www.venetolavoro.it/misure