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Biennale architettura 2023: l'Africa come laboratorio del futuro

Non una mostra sul Continente, ma una vera e propria "visione". Una suggestione che vuole mettere al centro della riflessione l'Africa come laboratorio per progettare il futuro...

Biennale architettura 2023: l'Africa come laboratorio del futuro
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La kermesse internazionale è ai nastri di partenza. Tutto pronto, insomma per la Biennale Architettura 2023, al via il 20 maggio e visitabile fino al 26 novembre del 2023.

Biennale architettura 2023: l'Africa come laboratorio del futuro

Sarà un grande palcoscenico diffuso che darà l'occasione di ammirare, ai Giardini e all'Arsenale, il mondo di domani. Sì, perché il tema della 18esima edizione scelto dalla curatrice Lesley Lokko, architetta, docente di architettura e scrittrice scozzese e ghanese, è il Laboratorio del futuro.

E avrà come cardine il continente africano. Ma visto in modo innovativo. Non sarà un'esposizione sull'Africa ma un modo per considerare il continente come un vero e proprio laboratorio per progettare il futuro.

Il primo "step" ufficiale è stato ieri, con l'inaugurazione alla presenza del sindaco Luigi Brugnaro, di 'Chaord' l'installazione di Emmanuel Pratt presentata da "Sweet Water Foundation" e ospitata a Forte Marghera, negli spazi della Polveriera austriaca. Ma ora si entra nel vivo...

La grande esposizione sarà composta da sei sezioni, e più della metà dei professionisti proviene dall'Africa o dall'emigrazione africana verso altri continenti. Quasi la metà degli espositori lavora in studi personali, non globali, composti da un massimo di cinque individui. Si parte dal percorso principale, nei Giardini.

C'è poi l'ambito dei Progetti speciali, divisi in quattro categorie: Mnemonica; Cibo, agricoltura e cambiamento climatico; Geografia e genere e infine Guestsfrom the future, in cui i 22 espositori si sono interrogati sul futuro dell'architettura. Grande spazio alla Biennale College architettura, con quindici docenti internazionali che condurranno un vero e proprio programma didattico: per questo evento è stato letteralmente sorprendente il numero di candidature inviate, pari a 986.

Grande attesa per il padiglione Italia, promosso dalla direzione generale creatività contemporanea del ministero della Cultura, curato dal collettivo Fosbury Architecture di Giacomo Ardesio, Alessandro Bonizzoni, Nicola Campri, Veronica Caprino, Claudia Mainardi.

Il titolo è Spaziale e si articola in due momenti. Il primo step si è già articolato in diversi luoghi del territorio nazionale con installazioni diffuse. Il secondo, invece, vedrà il suo compimento all'interno del padiglione alla Biennale e cercherà di ricostruire, attraverso la sintesi delle esposizioni avvenute precedentemente in tutta la Penisola, un'immagine dell'architettura italiana nel contesto internazionale.

La Giuria della 18. Mostra Internazionale di Architettura 2023 della Biennale di Venezia è composta dall’architetto e curatore italiano Ippolito Pestellini Laparelli (presidente); dall’architetta e curatrice palestinese Nora Akawi; dalla direttrice dello Studio Museum di Harlem, la statunitense Thelma Golden; dal direttore di Cityscape Magazine, il sudafricano Tau Tavengwa; dall’architetta e docente polacca Izabela Wieczorek.

La Giuria assegnerà i seguenti premi ufficiali:

  • Leone d’Oro per la miglior Partecipazione Nazionale
  • Leone d’Oro per il miglior partecipante alla Mostra Internazionale The Laboratory of the Future
  • Leone d’Argento per un promettente giovane partecipante alla Mostra Internazionale The Laboratory of the Future

La Giuria avrà anche la possibilità di assegnare:

  • un massimo di una menzione speciale alle Partecipazioni Nazionali
  • un massimo di due menzioni speciali ai partecipanti alla Mostra Internazionale The Laboratory of the Future
  • La cerimonia di premiazione si svolgerà a Venezia sabato 20 maggio 2023.

L'Ucraina partecipa alla Biennale

L’Ucraina partecipa alla 18. Mostra Internazionale di Architettura a cura di Lesley Lokko (20 maggio - 26 novembre 2023), con un Padiglione all’Arsenale (Sale d’Armi) e una installazione presso lo Spazio Esedra dei Giardini. Before the Future è il titolo della partecipazione, che ha per commissario Mariana Oleskiv ed è a cura di Iryna Miroshnykova, Oleksii Petrov e Borys Filonenko. L’Ucraina non partecipava alla Biennale Architettura dal 2014.

L'installazione al Padiglione in Arsenale presenta uno spazio claustrofobico, senza prese di luce, simbolo di luoghi abbandonati che possono diventare luoghi vitali per progettare piani di sopravvivenza e speranza per il futuro.

L’installazione a cielo aperto presso lo Spazio Esedra dei Giardini si basa su una rete di fortificazioni del X secolo nella regione di Kiev in gran parte dimenticata, che è stata riattivata durante i primi giorni dell'invasione russa, riuscendo a rallentare l'avanzata dell'esercito invasore verso la capitale.

In momenti diversi durante tutta la durata della Biennale Architettura 2023, questi spazi ospiteranno un programma pubblico di incontri, dove i rappresentanti della comunità culturale ucraina condivideranno le loro storie ed esperienze con il mondo intero.

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Le dichiarazioni della curatrice

“Che cosa significa essere “un agente di cambiamento”? (…) Negli ultimi nove mesi, in centinaia di conversazioni, messaggi di testo, videochiamate e riunioni – ha ricordato Lesley Lokko - è emersa più volte la domanda se esposizioni di questa portata, sia in termini di emissioni di carbonio sia di costi, possano essere giustificate.

A maggio dell’anno scorso (in occasione dell’annuncio del titolo) ho parlato più volte della Mostra come di “una storia”, una narrazione che si evolve nello spazio. Oggi ho una visione diversa. Una mostra di architettura è allo stesso tempo un momento e un processo.

Prende in prestito struttura e formato dalle mostre d’arte, ma se ne distingue per aspetti critici che spesso passano inosservati. Oltre al desiderio di raccontare una storia, anche le questioni legate alla produzione, alle risorse e alla rappresentazione sono centrali nel modo in cui una mostra di architettura viene al mondo, eppure vengono riconosciute e discusse di rado. È stato chiaro fin dal principio che The Laboratory of the Future avrebbe adottato come suo gesto essenziale il concetto di “cambiamento”.

“(…) Per la prima volta, i riflettori sono puntati sull’Africa e sulla sua diaspora, su quella cultura fluida e intrecciata di persone di origine africana che oggi abbraccia il mondo. Che cosa vogliamo dire? In che modo ciò che diremo cambierà qualcosa?

E, aspetto forse più importante di tutti, quello che diremo noi come influenzerà e coinvolgerà ciò che dicono gli “altri”, rendendo la Mostra non tanto una storia unica, ma un insieme di racconti in grado di riflettere l’affascinante, splendido caleidoscopio di idee, contesti, aspirazioni e significati che ogni voce esprime in risposta ai problemi del proprio tempo?”

“Spesso si definisce la cultura come il complesso delle storie che raccontiamo a noi stessi, su noi stessi. Sebbene sia vero, ciò che sfugge a questa affermazione è la consapevolezza di chi rappresenti il “noi” in questione.

Nell’architettura in particolare, la voce dominante è stata storicamente una voce singolare ed esclusiva, la cui portata e il cui potere hanno ignorato vaste fasce di umanità – dal punto di vista finanziario, creativo e concettuale – come se si ascoltasse e si parlasse in un’unica lingua. La “storia” dell’architettura è quindi incompleta. Non sbagliata, ma incompleta. Ecco perché le mostre sono importanti”.

La struttura della mostra

“The Laboratory of the Future è una mostra divisa in sei parti. Comprende 89 Partecipanti, di cui oltre la metà provenienti dall’Africa o dalla diaspora africana.

L’equilibrio di genere è paritario e l’età media dei partecipanti è di 43 anni, mentre scende a 37 nella sezione Progetti Speciali della Curatrice, in cui il più giovane ha 24 anni. Il 46% dei Partecipanti considera la formazione come una vera e propria attività professionale e, per la prima volta in assoluto, quasi la metà degli architetti proviene da studi a conduzione individuale o composti da un massimo di cinque persone.

In tutte le sezioni della Mostra, oltre il 70% delle opere esposte è stato progettato da studi gestiti da un singolo o da un team molto ristretto. (…)

“Al cuore di ogni progetto c’è lo strumento principe e decisivo: l’immaginazione – ha spiegato Lesley Lokko. È impossibile costruire un mondo migliore se prima non lo si immagina. The Laboratory of the Future inizia nel Padiglione Centrale ai Giardini, dove sono stati riuniti 16 studi che rappresentano un distillato di Force Majeure (Forza Maggiore) della produzione architettonica africana e diasporica.

Si sposta poi nel complesso dell’Arsenale, con la sezione Dangerous Liaisons (Relazioni Pericolose) – presente anche a Forte Marghera, a Mestre - affiancata a quella dei Progetti Speciali della Curatrice, che per la prima volta è una categoria vasta quanto le altre. In entrambi gli spazi sono presenti opere di giovani “practitioner” africani e diasporici, i Guests from the Future (Ospiti dal Futuro), il cui lavoro si confronta direttamente con i due temi della Mostra, la decolonizzazione e la decarbonizzazione, fornendo un’istantanea delle pratiche e delle modalità future di vedere e di stare al mondo. (…)

Abbiamo espressamente scelto di qualificare i partecipanti come “practitioner” – ha chiarito la Curatrice - e non come “architetti”, “urbanisti”, “designer”, “architetti del paesaggio”, “ingegneri” o “accademici”, perché riteniamo che le condizioni dense e complesse dell’Africa e di un mondo in rapida ibridazione richiedano una comprensione diversa e più ampia del termine “architetto”.

64 Partecipazioni Nazionali organizzeranno le proprie mostre nei Padiglioni ai Giardini (27), all’Arsenale (22) e nel centro storico di Venezia (14). Il Niger partecipa per la prima volta alla Biennale Architettura; Panama si presenta per la prima volta da solo, nel passato partecipava come I.I.L.A. (Organizzazione Internazionale Italo-latino americana).

Torna la partecipazione della Santa Sede alla Biennale Architettura, con un proprio Padiglione sull’Isola di San Giorgio Maggiore (aveva partecipato per la prima volta alla Biennale Architettura nel 2018).

Il Padiglione Italia alle Tese delle Vergini in Arsenale, sostenuto e promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, è curato dal collettivo Fosbury Architecture, formato da Giacomo Ardesio, Alessandro Bonizzoni, Nicola Campri, Veronica Caprino, Claudia Mainardi. Il titolo della mostra è SPAZIALE: Ognuno appartiene a tutti gli altri.

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