Vola in Africa per lavoro e lo arrestano: da 53 giorni Marco Zennaro è prigioniero in Sudan
In condizioni disumane, condividendo lo spazio con tante altre persone, a 46 gradi costanti, con un solo bagno a disposizione.

Un affare tra un'azienda di Venezia e una in Sudan. Materiale elettrico (trasformatori per essere più precisi) acquistato dall'imprenditore Marco Zennaro da un distributore sudanese, Ayman Gallabi. E questo è quanto si sa dell'intricata vicenda che vede coinvolto l'italiano Zennaro, da più di 50 giorni prigioniero a Khartum, in Sudan. Sì, perché di più non è dato sapere. I famigliari hanno lanciato un'ultima accorata richiesta d'aiuto alla Farnesina.
Vola in Africa per lavoro e lo arrestano
Così come non è noto se e quando verrà rilasciato dalle autorità locali. C'è un'accusa che pende su di lui, quella di frode. Ma i contorni si sfumano quando si cerca di ricostruire i fatti. Anche perché le ombre che aleggiano sui responsabili di tale incarcerazione sono terribilmente oscure.
Dietro all'arresto dell'imprenditore italiano, infatti, secondo alcune fonti africane, ci sarebbe il miliziano Abdallah Ahamed, considerato vicino al feroce generale Mohamed Hamdan Dagalo, protagonista del colpo di stato del 2009 e accusato del massacro e degli stupri di Adwa del novembre 2004 nel Darfur meridionale.
C'è quindi grande (e comprensibile) apprensione tra i familiari di Zennaro, che, lo ricordiamo, dal primo aprile è rinchiuso in una cella nel commissariato di Khartum, la capitale del Sudan. In condizioni disumane, condividendo lo spazio con tante altre persone, a 46 gradi costanti, con un solo bagno a disposizione.
Da 53 giorni Marco Zennaro è prigioniero in Sudan
Zennaro, come si diceva, si era recato in Africa per risolvere la situazione lavorativa in cui si era trovato. Ma una volta atterrato, era stato arrestato. Fino al primo aprile. Dopo aver convinto la controparte a ritirare le accuse in cambio di una lauta somma di denaro (400mila euro) e con la sigla di un accordo commerciale.
Ma tornato in aeroporto per prendere un volo alla volta dell'Italia, scattano nuovamente le manette. Sta volta, però, dietro la denuncia c'è il pericoloso Abdallah Ahamed, il fedelissimo del Generale Dagalo, principale finanziatore dell'azienda di distribuzione di Gallabi. Si pensa inizialmente a un altro tentativo di "estorsione" di denaro.
C'è chi pensa che Zennaro possa cavarsela con 700mila euro. Ma poi c'è la svolta che complica la vicenda: l'ormai "noto" distributore Gallabi viene trovato morto, annegato nel Nilo. Ora, in questo quadro intricato, in un Paese in cui violenza e corruzione sono all'ordine del giorno, è difficile poter contare su una Giustizia "giusta".
E i famigliari di Zennaro stanno cercando ogni strada per riportare il figlio in Italia. Nelle prossime ore dovrebbe essere in programma l'udienza per decidere il futuro dell'imprenditore. Ma il condizionale è d'obbligo, visto che l'udienza in questione già si sarebbe dovuta tenere giorni fa.
Della vicenda sarebbe stato informato anche il ministro Luigi Di Maio, che avrebbe già avuto un primo colloquio con la sua omologa sudanese.