un anno e due mesi di reclusione

Operaio in nero per 150 euro al mese, l’impresario lo mette in regola dopo il malore in cantiere

Solo allora, mezz’ora prima dell’arrivo dei carabinieri, il datore di lavoro gli ha fatto il contratto

Operaio in nero per 150 euro al mese, l’impresario lo mette in regola dopo il malore in cantiere

Lavorava in nero da oltre un anno, per appena 150 euro al mese, spostandosi da un cantiere all’altro tra Pordenone, Udine e Venezia. È crollato al suolo mentre ritoccava la vernice di una parete, esausto. Solo allora, mezz’ora prima dell’arrivo dei carabinieri, il datore di lavoro ha tentato di metterlo “in regola”.

Operaio in nero per 150 euro al mese, in regola dopo il malore in cantiere

L’episodio risale al maggio del 2024, in un cantiere di Caorle. Secondo quanto riportato dal Corriere del Veneto, il giovane operaio, 25 anni, originario del Marocco e privo di permesso di soggiorno, stava ultimando alcune passate di pittura quando ha perso conoscenza.

Il caldo non era eccessivo, ma la stanchezza sì: da mesi lavorava senza orari, senza dispositivi di sicurezza, senza formazione e senza alcuna tutela sanitaria.

Secondo quanto accertato da Spisal e Carabinieri, intervenuti dopo la segnalazione dell’incidente, l’uomo viveva in condizioni precarie in una cascina condivisa con altri operai, dormendo in un giaciglio di fortuna.

Il contratto “last minute”

Quando gli ispettori sono arrivati sul posto, l’imprenditore edile – un cittadino egiziano – ha esibito un contratto di assunzione. Ma gli accertamenti hanno rivelato che il documento era stato compilato online solo mezz’ora prima dell’arrivo dei soccorsi, nel tentativo di evitare le sanzioni previste per il lavoro nero.

Mercoledì 29 ottobre 2025 ha patteggiato un anno e due mesi di reclusione davanti al tribunale di Pordenone, con pena sospesa, per sfruttamento e impiego irregolare di manodopera. In precedenza erano già state comminate sanzioni amministrative per oltre 50 mila euro.

La promessa mai mantenuta

L’operaio marocchino, secondo le indagini, continuava a lavorare accettando la promessa di una futura regolarizzazione “quando avrebbe ottenuto il permesso di soggiorno”.

Una promessa mai mantenuta. Il suo impiego – hanno stabilito gli investigatori – proseguiva da mesi in condizioni di “pura estrazione”: fatica senza fine in cambio di un letto e di cinque euro al giorno.