Omicidio Taffi Pamio, la senatrice leghista Stefani interroga il ministro della Giustizia Nordio sul caso Monica Busetto
Dopo il rigetto della richiesta di revisione del processo da parte della Corte di Cassazione, la senatrice Erika Stefani ha deciso di portare il caso all’attenzione del Parlamento
La vicenda di Monica Busetto, condannata a 25 anni di reclusione per l'omicidio della vicina Lida Taffi Pamio, è diventata il fulcro di un acceso dibattito giudiziario e politico. La peculiarità del caso risiede nel fatto che un'altra imputata, Susanna “Milly” Lazzarini, ha confessato lo stesso delitto ed è stata condannata a 30 anni di carcere. Entrambe le condanne sono definitive, ma il quadro complessivo appare irrisolto, alimentando dubbi e polemiche.
Due donne condannate per l'omicidio di Lida Taffi Pamio
Dodici anni fa, il 20 dicembre 2012, l'87enne Lida Taffi Pamio fu trovata morta nel suo appartamento a Mestre in una pozza di sangue, con segni di accoltellamento al collo e al ventre, e la casa messa a soqquadro. L'autopsia rivelò una morte brutale: strangolamento, percosse e almeno 40 coltellate.
L'anno successivo, Monica Busetto, vicina di casa e operatrice sanitaria, fu arrestata e poi condannata a 24 anni e mezzo per omicidio volontario aggravato dalla crudeltà, nonostante il movente rimanesse incerto. Tra le ipotesi, dissapori condominiali o un generico odio verso gli anziani.
Nel 2015, un nuovo caso di omicidio di un'anziana portò all'arresto di Susanna Lazzarini, che confessò anche l'uccisione di Lida Taffi nel 2016. Questa confessione portò alla scarcerazione parziale di Busetto, ma non all'assoluzione definitiva, poiché la condanna si basava su prove scientifiche, come una traccia di DNA su una collanina.
Ad oggi, Busetto ha scontato 10 anni di carcere e il tentativo dei legali di Monica Busetto di riaprire il processo è fallito. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso contro la decisione della Corte d'Appello di Trento, che aveva bocciato la richiesta di revisione del caso. La difesa aveva contestato la contraddizione tra la condanna di Busetto e la confessione di Susanna Lazzarini, che inizialmente dichiarò di aver agito da sola nell'omicidio di Lida Taffi Pamio. Successivamente, però, Lazzarini coinvolse Busetto, sostenendo che quest'ultima era entrata dalla porta e l'aveva aiutata ad uccidere l'anziana.
Il caso arriva in Senato
Dopo il rigetto della richiesta di revisione del processo da parte della Corte di Cassazione, la senatrice Erika Stefani (Lega) ha deciso di portare il caso all’attenzione del Parlamento.
La parlamentare ha annunciato un’interrogazione rivolta al ministro della Giustizia, Carlo Nordio (Fratelli d’Italia), con l’obiettivo di chiarire se vi siano stati errori procedurali e di valutare eventuali falle normative che avrebbero potuto contribuire a questa situazione paradossale.
Secondo la senatrice Stefani, il cuore della questione è rappresentato dal conflitto tra giudicati. Sebbene questa problematica solitamente riguardi un unico imputato coinvolto in più procedimenti o un unico evento giudicato diversamente nello stesso processo, il caso di Busetto e Lazzarini si distingue: due imputati separati sono stati condannati per lo stesso reato in procedimenti distinti. Una circostanza che solleva dubbi sull’equilibrio e l’equità del sistema giudiziario.
Stefani ha dichiarato che intende chiedere al ministro Nordio un approfondimento su due punti fondamentali: il rispetto delle regole nei procedimenti penali: verificare se siano stati commessi errori procedurali o interpretativi; la necessità di modifiche normative: valutare eventuali interventi sul Codice di procedura penale per ampliare le possibilità di revisione delle sentenze definitive.
La senatrice ha anche preannunciato la possibile presentazione di una proposta di legge correttiva qualora emergessero lacune significative nel sistema normativo, con l’obiettivo di prevenire futuri casi analoghi.
Le incongruenze evidenziate dalla difesa
Gli avvocati di Monica Busetto, Alessandro Doglioni e Stefano Busetto, hanno messo in evidenza diverse incongruenze nel caso. Hanno ricordato che il tema del conflitto tra giudicati è stato già affrontato in passato anche con imputati diversi coinvolti nello stesso crimine. Tuttavia, nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto che le divergenze interpretative fossero legittime, nonostante si trattasse degli stessi fatti.
Un aspetto particolarmente critico riguarda le prove biologiche. La difesa ha sottolineato che, mentre per Lazzarini sono disponibili elementi concreti come un’impronta con il suo DNA nell’abitazione della vittima e una confessione dettagliata, per Busetto la condanna si basa esclusivamente su una traccia minima di DNA trovata su una collanina della vittima. Questa traccia è costituita da soli tre picogrammi, una quantità talmente esigua da essere insufficiente persino per un test di paternità, ma considerata sufficiente per giungere a una condanna.