Militari di Strade sicure accusati di pestaggio e rapina incastrati da una cimice
Le conversazioni dei tre indagati sono state "captate" da un cellulare trasformato, grazie a un trojan, in cimice. La difesa dei militari però assicura: "Nessuna rapina".
Erano intervenuti per effettuare un controllo, forse richiesto da un passante, nei confronti di un venditore di stivali contro la pioggia. E questo è un dato certo. Ma da qui in avanti le versioni dei tre indagati, militari del progetto Strade sicure, e dell'accusa, si dividono.
Militari di Strade sicure accusati di pestaggio e rapina incastrati da una cimice
Da una parte, infatti, ed è ciò che viene loro imputato, si sostiene che le cose siano decisamente sfuggite di mano. I tre, insieme all'ambulante, si sarebbero spostati in un luogo appartato, e non in piazzale Roma dove il venditore si trovava. Lì, poi, avrebbero chiesto i documenti all'uomo che, nell'atto di aprire il portafogli, avrebbe lasciato intravedere del denaro.
Soldi che sarebbero, per quanto dichiarato dalla vittima, finiti nelle mani dei tre soldati. E alle lamentele del presunto derubato, i militari avrebbero risposto con pugni e schiaffi, costati lesioni guarite in 8 giorni. I fatti risalgono al 23 dicembre del 2019. Ora, però, in più rispetto al ritrovamento degli stivali venduti dall'ambulante, distrutti e gettati in un cespuglio, oltre alla denuncia immediata della presunta vittima, c'è un altro tassello.
Si tratta delle intercettazioni telefoniche effettuate, a carico dei tre giovani lagunari, per mezzo di un trojan inserito nel cellulare di uno di loro: un programma, in altre parole, che trasforma lo smartphone in un dispositivo cimice. E proprio con questo stratagemma sarebbero state captate delle conversazioni che incastrerebbero i tre.
Anche se, occorre dire, la questione è tutt'altro che chiusa: per la difesa, infatti, le dichiarazioni intercettate vanno contestualizzate. Al momento i soldati indagati, sono anche stati interdetti per un anno.