Marco Zennaro è stremato, l'appello del padre: "Pronti a ipotecare tutto pur di riportarlo a casa"
Il papà, tuttavia, non si è risparmiato una "stoccata" al ministro Di Maio.
Suo figlio è prigioniero in Sudan da tre mesi. E lui, il padre, Cristiano Zennaro, non ne può davvero più di vederlo sempre più debole, sia fisicamente che, soprattutto, psicologicamente. I crolli, le crisi di pianto, sono all'ordine del giorno. E si fa fatica a vedere la fine di una vicenda, che, evidentemente, sta durando troppo a lungo. Ecco, quindi, che arriva l'ennesimo appello, questa volta posto in modo molto diretto ai vertici dello Stato italiano, per chiedere una mano, un sostegno, un anticipo dei fondi necessari per liberarlo. Loro, la famiglia Zennaro, sono pronti a ipotecare tutti i loro beni per restituire fino all'ultimo centesimo.
Marco Zennaro è stremato, l'appello del padre
"Non sta bene, psicologicamente è a terra".
Una frase che dice già tutto, quella pronunciata da Cristiano Zennaro, papà di Marco, l'imprenditore veneziano prigioniero in Sudan da tre mesi (in Africa da quasi 5 mesi) per una transazione commerciale finita male. Il 46enne è ogni giorno più stanco e provato, da una vicenda che sembra davvero non avere mai fine.
Ha trascorso 86 giorni in una cella a Khartoum, con temperature fino a 50 gradi e in condizioni igieniche a dir poco precarie. Ora è libero, ma ancora bloccato in un albergo della capitale. Zennaro si era recato in Sudan a metà marzo, per trattare la vendita di una partita di trasformatori, destinata alla Società elettrica Nazionale.
"Pronti a ipotecare tutto pur di riportarlo a casa"
Nell'affare era coinvolto anche un mediatore, il primo ad accusarlo di frode per una presunta inidoneità della fornitura con il quale il 46enne aveva trovato un accordo economico e versato 800mila euro a titolo di garanzia.
Quindi il rilascio e il secondo arresto circa due mesi fa, poco prima del volo per l'Italia, con l'accusa da parte di un'altra persona coinvolta nell'affare, che ora chiede alla famiglia Zennaro altri soldi: un milione di euro.
"Noi abbiamo fatto quello che potevamo fare - ha continuato il padre - con una garanzia finanziaria sul primo caso, adesso c'è un secondo caso e la famiglia non riesce ad arrivarci. Chiediamo a Roma che siano e istituzioni italiane a risolvere questa situazione".
La vicenda è costantemente seguita dalla diplomazia italiana.
"Non è stato rapito ma, sequestrato a scopo di estorsione e questo sequestro a scopo di estorsione è camuffato da una causa civile che non ha alcun senso".