L'esito dell'autopsia

Ivan Busso, il falconiere di Malcontenta non è morto di Covid

Il virus aveva travolto la sua famiglia uccidendo la mamma e il papà. Ma dall'esame autoptico la prima conclusione esclude come causa del decesso del 42enne il Covid: sarebbe stata una polmonite batterica.

Ivan Busso, il falconiere di Malcontenta non è morto di Covid
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Come ha sempre sostenuto la moglie Elisa, a essere fatale a Ivan Busso sarebbe stato non il Covid ma una polmonite batterica: questa la prima conclusione cui è giunto il medico che ha effettuato l’autopsia. Con la conseguenza che il Pubblico Ministero della Procura di Venezia, dott. Roberto Terzo, che ha aperto un procedimento penale sulla scorta dell’esposto della vedova, assistita da Studio3A, nei giorni scorsi ha iscritto nel registro degli indagati, come atto dovuto per dare loro modo di nominare consulenti di parte nel prosieguo delle operazioni peritali, 12 sanitari in servizio all’ospedale di Dolo che hanno avuto in cura il giovane falconiere.

Ivan Busso, il falconiere di Malcontenta non è morto di Covid

Il decesso classificato da Coronavirus di Busso, che risiedeva a Malcontenta di Mira e ha lasciato anche una figlia di tre anni, il primo gennaio 2021, aveva colpito profondamente, per la sua particolare attività per la quale era molto noto, per la giovane età, 42 anni, perché non soffriva di patologie pregresse e per la sua lunga battaglia contro il virus durata un mese: era stato ricoverato a Dolo il 9 dicembre 2020. Non solo: in un mese, il “maledetto” si era portato via in sequenza anche la mamma e il papà, per un’autentica tragedia familiare.

Due batteri sotto la lente

Sua moglie ha sempre ripetuto di non avere nulla contro i medici che hanno assistito il marito, e di comprendere la situazione di emergenza nella quale si sono trovati a operare nel Reperto di Terapia intensiva del Covid di Dolo, dove il 42enne è stato curato per gran parte della sua degenza, ma d’altro canto non riusciva a capacitarsi di come Ivan, che il Covid lo aveva superato - era stato estubato e i tamponi a cui si era sottoposto il 22 e 24 dicembre avevano dato esito negativo - potesse aver contratto ben due batteri durante il ricovero, in particolare uno, l’Acinetobacter, assai resistente e di cui i sanitari non riuscivano ad avere ragione, nonostante gli svariati antibiotici provati.

La situazione precipita

Con l’ulteriore rammarico che fosse stato deciso solo in extremis, nonostante le sue reiterate richieste al riguardo, e quando ormai la situazione era precipitata, di tentare con l’Ecmo, l’ossigenazione extracorporea a membrana, trasferendo il paziente all’ospedale dell’Angelo nel pomeriggio di Capodanno: troppo tardi, Busso non era più nelle condizioni di ricevere quella terapia. E infatti di lì a poche ore sarebbe spirato.

Gli opportuni accertamenti

Per essere aiutata ad avere risposte a questi angoscianti interrogativi la signora Elisa, tramite il responsabile della sede di Dolo, Riccardo Vizzi, si è dunque affidata a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, e il 4 gennaio è stato presentato un esposto querela alla stazione dei carabinieri di Dolo chiedendo all’Autorità giudiziaria di compiere gli opportuni accertamenti per verificare eventuali profili di responsabilità in capo ai medici che hanno avuto in cura Busso al nosocomio di Dolo, disponendo il sequestro delle cartelle cliniche e la perizia autoptica sulla salma.

Chiarire le cause del decesso

Richieste accolte dalla Procura lagunare. Mercoledì 5 gennaio il dott. Terzo ha aperto un fascicolo contro ignoti con l’ipotesi di reato di omicidio colposo e ha ordinato l’autopsia sulla salma per chiarire le cause del decesso, se fossero intervenute concause commissive od omissive riconducibili al trattamento sanitario ricevuto e se potesse essere connesso anche in parte a condotte imperite, negligenti o imprudenti da parte dei sanitari. L’esame, inoltre, doveva stabilire, nel caso in cui la morte fosse stata conseguenza di infezioni batteriche o virali, quando e dove fossero state contratte e se la loro diagnosi, cura e le terapie di contrasto fossero state tempestive e adeguate.

Le prime conclusioni

L’incarico è stato conferito il 9 gennaio al medico della Medicina Legale di Padova dott. Guido Viel, che il giorno stesso ha proceduto all’esame all’obitorio dell’ospedale dell’Angelo: alle operazioni peritali ha partecipato anche il dott. El Mazloum Rafi, quale medico legale di parte messo a disposizione da Studio3A per la propria assistita. Il 18 giugno il dott. Viel ha trasmesso le sue prime conclusioni comunicando che in effetti era stata accertata “la presenza di una polmonite batterica instauratasi in un quadro di polmonite interstiziale da infezione Sars-Cov2”, e segnalando “la necessità di approfondire e valutare la condotta dei sanitari intervenuti durante la degenza di Busso presso il presidio ospedaliero di Dolo”.

Sono stati acquisiti i nominativi dei dottori che hanno seguito il falconiere, tutti dell’Unità operativa “Anestesia, Rianimazione e Terapia Antalgica”, dodici, e con atto del 3 agosto del Pm sono stati formalmente iscritti nel registro degli indagati con l’ipotesi di reato di omicidio colposo, anche per dare loro modo di partecipare con propri consulenti di parte alle operazioni peritali, sospese dal Ctu dopo che per l’appunto erano emersi elementi indiziari a carico dei sanitari intervenuti nel trattamento.

Il Sostituto Procuratore ha concesso una proroga di 60 giorni per il termine della perizia per l’integrazione del contraddittorio con le persone sottoposte ad indagine, ha autorizzato la richiesta del dott. Viel di essere affiancato da un altro consulente tecnico specialista in Anestesia e Rianimazione, individuato nella dott.ssa Marina Munari, e ha fissato proprio per oggi, mercoledì 8 settembre, dalle 10, al dipartimento di medicina legale dell’ospedale di Padova, il prosieguo ed eventuale completamento delle operazioni peritali, a cui per la moglie della vittima prenderà parte sempre il dott. Rafi.

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