Inchiesta Palude, chiuse le indagini: confermata l'accusa anche per il sindaco Brugnaro
Oltre a Brugnaro e al suo staff, nell'inchiesta figurano numerosi esponenti dell'amministrazione veneziana
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La Procura di Venezia ha chiuso le indagini preliminari dell'inchiesta Palude, notificando l'avviso a 34 indagati, tra cui il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, il direttore generale del Comune Morris Ceron, il vice capo di gabinetto Derek Donadini e il magnate di Singapore Ching Chiat Kwong.
Inchiesta Palude, chiuse le indagini: il sindaco Brugnaro accusato di corruzione
Al centro delle accuse vi sono la tentata vendita dell'area dei Pili e la cessione di Palazzo Papadopoli a un prezzo considerato inferiore al valore reale.
Secondo la Procura, Brugnaro e il suo staff avrebbero cercato di vendere a Kwong l'area dei Pili, sviluppata dal Demanio nel 2006 per 5 milioni di euro, promettendo in cambio un aumento di cubatura. L'operazione, inizialmente valutata 85 milioni, sarebbe poi salita a 150 milioni, prevedendo la costruzione di grattacieli fino a 100 metri, ville, un palasport, un casinò e una casa di riposo. La società trevigiana Sama Global, attraverso il suo referente Claudio Vanin, avrebbe avuto un ruolo chiave nella trattativa, diventando il principale accusatore del sindaco.
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Palazzo Papadopoli e la tangente a Boraso
L'inchiesta collega all'affare dei Pili anche la vendita di Palazzo Papadopoli a Kwong. L'immobile, valutato 14 milioni di euro, sarebbe stato improvvisamente deprezzato a 10,7 milioni, cifra poco inferiore a quella offerta dal magnate. L'ex assessore Boraso avrebbe inoltre ricevuto una tangente di 73 mila euro mascherata da consulenza fittizia. La difesa di Brugnaro sostiene invece che la vendita sia avvenuta a un prezzo adeguato dopo due aste deserte e che sui Pili non ci sia mai stata una trattativa concreta.
Le altre accuse: corruzione, turbativa d'asta e riciclaggio
Oltre a Brugnaro e al suo staff, nell'inchiesta figurano numerosi esponenti dell'amministrazione veneziana. Gli imputati sono indagati per corruzione, turbativa d'asta e reati fiscali, tra cui false fatturazioni e riciclaggio, per aver favorito imprenditori in cambio di consulenze fittizie e pressioni sui funzionari comunali.
Ora hanno 20 giorni per presentare memorie difensive, nuovi documenti o chiedere di essere interrogati. Successivamente, i pm chiederanno il rinvio a giudizio, puntando ad accorpare il procedimento con un altro filone dell'inchiesta che vede coinvolto l'ex assessore Renato Boraso e alcuni imprenditori, con udienza fissata per il 16 maggio davanti al gip Carlotta Franceschetti.