Edy Ongaro, il miliziano ucciso da una bomba in Ucraina: ora parla il padre
Si cerca di capire cosa abbia spinto, nel 2015, il 46enne di Portogruaro a partire per il Donbass e a imbracciare il fucile per combattere con i filo-russi...
Antifascista, inquieto, ribelle. Ma anche aggressivo, tanto da accanirsi contro una cameriera e contro i Carabinieri. Un personaggio controverso, Edy Ongaro... E' stato il papà Sergio a ricostruire il profilo del figlio morto in guerra in Ucraina.
Edy Ongaro, il miliziano ucciso da una bomba in Ucraina: ora parla il padre
Un animo ribelle e inquieto, pronto a lottare contro quelle che considerava ingiustizie. Ma anche incostante nel lavoro, incapace, in un certo senso, di eseguire gli ordini, aggressivo, tanto da aver aggredito una cameriera e picchiato i Carabinieri intervenuti, diverso tempo fa quando era in Italia. Motivo per cui era diventato latitante.
E' un quadro piuttosto "crudo" quello che fornisce il padre di Edy Ongraro, Sergio, il miliziano morto per l'esplosione di una bomba nel conflitto tra russi e ucraini. Un quadro che racconta alcuni aspetti del carattere del figlio, pronto a lasciare tutto e a partire, nel 2015 per lottare al fianco dei soldati dell'esercito filo-russo. Il racconto del papà, intercettato dal Corriere, è un'analisi delle motivazioni che avrebbero spinto il figlio a prendere una decisione di cui lui, il padre, considerava folle, insensata.
Ma tra padre e figlio i rapporti erano tesi. Lui, Sergio, le case le ha costruite per una vita come muratore, il figlio, invece, a colpi di bombe, le tirava giù. E questo di sicuro per un papà che considera la guerra come "la cosa più sbagliata", "una non risposta ai problemi", di certo era un elemento di rottura. Ragion per cui i due non si sentivano da anni.
"Si portava dietro l'inquietudine - ha raccontato al Corriere - Da ragazzo ospitava senzatetto, dava loro cibo e un letto per dormire. Correva ad aiutare gli amici in difficoltà. Ma aveva anche delle zone d'ombra. Come quella volta che aggredì una cameriera. E i militari dell'Arma intervenuti. Fatto che lo costrinse a vivere come un latitante".
Al momento della partenza per il Donbass, il padre Sergio era in Colombia. Venne a sapere della decisione del figlio di unirsi alla milizia filo-russa solo a cose fatte. E la sua presa di posizione fu, ieri come oggi, netta:
"Scelse quello schieramento forgiando il suo pensiero sul ricordo delle persecuzioni nazi-fasciste subite dal nonno. E identificò il Governo di Kiev come aderente a quelle stesse posizioni di allora...".
Ma la guerra, per papà Sergio è sempre stata la strada sbagliata da percorrere. Quella giusta per risolvere i problemi, per il padre, è sempre stata la strada del dialogo. Ora non resta che il ricordo. Anche se il papà ha espresso un desiderio:
"Vorrei almeno che mi restituissero i resti, in modo da poterlo seppellire qui accanto alla sua amata madre".