Delitto Pamio, la difesa di Monica Busetto presenta il ricorso anche in Cassazione
Dopo il rifiuto della Corte d'Appello di Trento di riaprire il processo, i legali contestando la sentenza, ritenuta "sbagliata"
Il caso dell'omicidio di Lida Taffi Pamio, per il quale Monica Busetto è stata condannata a 25 ani, è tornato in discussione dopo il rifiuto della Corte d'Appello di Trento di riaprire il processo.
La difesa di Busetto, attualmente in carcere da dieci anni, ha fatto ricorso alla Corte di Cassazione, contestando la sentenza che ha negato un nuovo processo, ritenuta "sbagliata". Gli avvocati sostengono che vi siano contraddizioni tra le sentenze che hanno riguardato Busetto e Susanna Lazzarini, l'altra condannata per lo stesso omicidio.
E' infatti il fatto che due diverse donne siano state condannate per lo stesso delitto ha reso celebre negli anni questo controverso percorso giudiziario.
Un omicidio, due diverse colpevoli
L'omicidio di Lida Taffi Pamio risale al 20 dicembre 2012. L'87enne venne trovata morta dai Vigili del Fuoco nel suo appartamento a Mestre, in una pozza di sangue, con segni evidenti di accoltellamento al collo e all'addome.
Per quasi un anno non ci furono progressi rilevanti nell'indagine, finché, nel gennaio 2014, Monica Busetto, vicina di casa della vittima e operatrice socio-sanitaria, fu arrestata come principale sospettata. Due anni dopo, Busetto venne condannata a 24 anni e mezzo di reclusione per omicidio volontario aggravato dalla crudeltà.
Una svolta inaspettata arrivò a Capodanno del 2015, quando Susanna Lazzarini venne arrestata per l'omicidio di un'anziana, Francesca Vianello, avvenuto per un debito di 100 euro. In un primo momento, i due casi sembravano scollegati, ma nel febbraio 2016 Lazzarini confessò anche l'omicidio di Lida Taffi Pamio, sollevando così dubbi sulla colpevolezza di Busetto.
A seguito della confessione, Monica Busetto ottenne la scarcerazione con obbligo di firma e dimora per otto mesi, pur restando formalmente imputata per l'omicidio Taffi.
La sua condanna si basava ancora su prove scientifiche ritenute solide: gli investigatori trovarono una collanina spezzata, appartenente alla vittima e rubata durante l'omicidio, tra i gioielli di Monica Busetto. Su di essa però fu rilevata una traccia biologica infinitesimale della vittima, pari a soli 3 picogrammi.
Qual è il nodo da sciogliere
Lazzarini per tre interrogatori aveva confessato di aver fatto tutto da sola e solo in un successivo interrogatorio aveva detto che mentre stava aggredendo l’anziana amica della madre, che l’aveva scoperta mentre le rubava dei gioielli in camera, Busetto era entrata dalla porta aperta e l’aveva aiutata a ucciderla, dandole la coltellata finale.
Secondo la Corte di Trento il ruolo di materiale compartecipe nel delitto di Busetto non ha trovato adeguato riscontro, ed è su questo aspetto che si concentra la difesa dell'imputata, che mira a scagionare del tutto la sua posizione e addossare ogni responsabilità dell'omicidio sulla Lazzarini.
La difesa presenta il ricorso in Cassazione
Dopo aver trascorso dieci anni in carcere, lo scorso 24 gennaio 2024 la richiesta dei suoi avvocati di riaprire il processo è stata respinta.
La Corte d'Appello di Trento ha infatti rifiutato di riconoscere l’inconciliabilità tra le due versioni dei fatti, nonostante la difesa avesse sottolineato l'incoerenza delle dichiarazioni di Lazzarini. I legali di Busetto puntano a far valere queste contraddizioni davanti alla Corte di Cassazione e stanno lavorando per raccogliere nuove prove, tra cui possibili anomalie legate al test del DNA.
In attesa del verdetto della Cassazione, la difesa di Busetto continua a cercare altre piste che potrebbero far luce su questo controverso caso.