Femminicidio Cecchettin

Condanna Turetta, depositate le motivazioni: "Motivi vili e spregevoli, ma 75 coltellate non sono segno di crudeltà"

Per i giudici che hanno condannato Turetta all'ergastolo senza attenuanti, le 75 coltellate inferte a Giulia "non dimostrano una volontà deliberata di infliggere sofferenze gratuite", ma sono da attribuire alla sua inesperienza

Condanna Turetta, depositate le motivazioni: "Motivi vili e spregevoli, ma 75 coltellate non sono segno di crudeltà"
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La Corte d’Assise di Venezia ha depositato le motivazioni con cui, il 3 dicembre 2024, ha condannato Filippo Turetta all’ergastolo senza attenuanti per l’omicidio di Giulia Cecchettin, avvenuto l’11 novembre 2023 a Fossò. I giudici hanno definito l'azione dell’imputato "efferata" e compiuta con "risolutezza", sottolineando come il movente fosse legato a "motivi vili e spregevoli", espressione di un’intolleranza verso la libertà e l’autonomia della giovane donna.

 "Motivi vili e spregevoli. Nessuna crudeltà, ma inesperienza"

Pur riconoscendo la gravità dell’atto, la Corte ha escluso l’aggravante della crudeltà. Secondo quanto si legge nelle motivazioni, le 75 coltellate inferte a Giulia 

"non dimostrano una volontà deliberata di infliggere sofferenze gratuite", ma sono da attribuire all’inesperienza di Turetta nell’uccidere. I giudici spiegano che l’azione è stata "concitata", con colpi "rapidi e quasi alla cieca", e che l’imputato "non aveva la competenza per colpire in modo efficace e rapido", continuando dunque a colpire fino al decesso della vittima.

Giulia Cecchettin

La dinamica e l’occultamento del corpo

La Corte rileva inoltre che, dopo il delitto, Turetta ha mantenuto "lucidità e razionalità", cercando di occultare il corpo per ritardarne il ritrovamento.

L’operazione è stata definita "accurata", e la scelta del luogo, distante dal luogo del delitto, è stata ritenuta indicativa della piena consapevolezza dell’accaduto e della volontà di eludere le indagini.

Una confessione parziale e reticente

Nel corso dell’indagine, l’imputato ha ammesso solo ciò che era già evidente dagli atti, evitando di fornire ulteriori dettagli. I giudici rilevano anche che, nelle intercettazioni in carcere, Turetta ha dimostrato di essere consapevole degli elementi probatori a suo carico, ma ha scelto comunque di tacere o mentire su diversi aspetti, anche gravi, emersi durante le indagini.

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