E' stato licenziato

Azienda veneziana attaccata dagli hacker per colpa di un dirigente: navigava su siti porno

Ma il lavoratore ha provato a impugnare la decisione del titolare della ditta trascinandolo in Tribunale...

Azienda veneziana attaccata dagli hacker per colpa di un dirigente: navigava su siti porno
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Hanno paralizzato il sistema informatico e chiesto un riscatto in cambio dello sblocco. E il titolare della ditta finita nel mirino dei cyber criminali ha ceduto, pagando migliaia di euro per tornare in possesso dei dati che erano stati rubati. Ma poi ha voluto fare chiarezza e capire come fosse potuto accadere. E la risposta è stata decisamente sorprendente.

Azienda veneziana attaccata dagli hacker per colpa di un dirigente: navigava su siti porno

A provocare la falla che aveva permesso agli hacker di intrufolarsi nei sistemi informatici era stato un dipendente con un ruolo di responsabilità, un capo servizio, che trascorreva il tempo lavorativo tra Instagram chat d'incontri e siti pornografici.

Pagine, in molti casi, non sicure che avrebbero dunque veicolato i "virus" facendoli entrare nel sistema privato della ditta veneziana. La vicenda è finita sotto i riflettori perché il dipendente, licenziato in tronco dall'azienda, ha portato la ditta in Tribunale. Ma ha perso.

La sentenza

Nella sentenza depositata settimane fa, il giudice ha motivato la decisione affermando che, trattandosi di attività ripetute nel tempo e prolungate, il lavoratore sarebbe stato impegnato per parecchio tempo, troppo per essere un dipendente con un ruolo di responsabilità.

E quindi il licenziamento è stato considerato come un provvedimento più che proporzionato. La ditta, un'agenzia marittima che offre servizi doganali e supporto logistico, era stata attaccata nel mese di luglio del 2019 attraverso un virus ransomware che aveva bloccato il sistema informatico.

Non solo porno: anche acquisti online e chat d'incontri

Il dipendente, come è stato ricostruito in ambito processuale, navigava sul web durante l'orario di lavoro, ma non solo. Si era fatto autorizzare ore di straordinario per utilizzare la rete aziendale in modo assolutamente privato: viaggi, banca, chat di incontri, acquisti sul web.

Una volta subito il procedimento di licenziamento, però, il dipendente è passato al contrattacco: ha spiegato che per lui, la misura applicata dal titolare dell'azienda, sarebbe stata una reazione ritorsiva e discriminatoria rispetto all'attività sindacale che svolgeva da un paio d'anni. Oltre a chiedere l'annullamento del licenziamento puntava a un risarcimento di 20mila euro.

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