Dopo dieci mesi di silenzio, il governo di Nicolás Maduro si esprime per la prima volta sul caso di Alberto Trentini, il cooperante 46enne del Lido di Venezia arrestato in Venezuela il 15 novembre 2024 e tuttora detenuto nel carcere di El Rodeo, struttura nota per ospitare oppositori politici.
Alberto Trentini detenuto da 300 giorni, Caracas rompe il silenzio
In un’intervista alla CNN, il ministro degli Esteri Yván Gil ha dichiarato che Trentini “ha un avvocato ed è sotto processo. C’è un’azione legale che deve seguire il suo corso”.

Parole che confermano l’esistenza di un procedimento giudiziario, ma che non fugano i dubbi: fino ad oggi, infatti, non è mai stata formalizzata alcuna accusa nei confronti del cooperante, fermato a un posto di blocco mentre si recava a Guasdualito per portare aiuti umanitari.
Gil ha respinto le denunce di violazioni dei diritti umani, sostenendo che in Venezuela
“ci sono migliaia di tribunali che rappresentano tutte le nazionalità dei detenuti: colombiani, peruviani, italiani. Il più comune dei reati è il traffico di droga”. Un’affermazione che, anziché chiarire, alimenta ulteriori timori sul destino di Trentini.
Familiari e associazioni chiedono verità e giustizia
Intanto, i familiari hanno potuto sentirlo soltanto in due brevi telefonate dall’inizio della detenzione, mentre la visita dell’inviato speciale della Farnesina Luigi Vignali è stata respinta da Caracas.
In Italia cresce la mobilitazione del mondo dell’associazionismo: Articolo 21 ha lanciato la campagna social “300 giorni senza Alberto Trentini. Non uno di più”, per chiedere verità, giustizia e soprattutto libertà per un cooperante che ha dedicato la sua vita all’aiuto degli altri.
Ora l’attenzione si sposta sulla diplomazia italiana, chiamata a intensificare i contatti con Caracas per sbloccare una vicenda che, a dieci mesi dall’arresto, resta avvolta nel silenzio e nell’incertezza.