Rasha torna a vedere grazie alla prima cornea artificiale ibrida: era rimasta cieca durante la guerra in Siria
Intra-ker è stata ideata dal professor Massimo Busin dell'Università di Ferrara in collaborazione con la Fondazione Banca degli Occhi del Veneto ETS
Nel 2012, durante la guerra in Siria, un'esplosione ha reso cieca Rasha, una rifugiata palestinese, privandola della vista in entrambi gli occhi. Grazie a una straordinaria innovazione della ricerca italiana, Rasha è tornata a vedere, recuperando tre decimi di acuità visiva. Questo risultato è stato ottenuto grazie all'innesto della prima cornea artificiale ibrida, sviluppato in Italia, in collaborazione con la Fondazione Banca degli Occhi del Veneto ETS, per pazienti ad alto rischio di rigetto.
Diventa cieca durante la guerra in Siria, dopo 12 anni Rasha torna a vedere
Rasha, 43 anni, vive a Roma con la sua famiglia dopo essere arrivata in Italia nel 2016 attraverso i corridoi umanitari. Nel 2012, durante il conflitto in Siria, un'esplosione le provocò la perdita quasi totale della vista. Dopo un primo tentativo di trapianto su Damasco che non ha avuto successo, le condizioni di Rasha sono peggiorate ulteriormente.
Grazie all'associazione ULAIA ArteSud ODV e alla dottoressa Luciana Poliandri, Rasha è stata indirizzata alla Fondazione Banca degli Occhi del Veneto, dove il professore Busin ha deciso di sottoporla a un trapianto con la cornea artificiale Intra-ker. Il 29 maggio 2024, Rasha è stata operata a Forlì e, solo due giorni dopo, ha potuto togliere le bende e leggere un giornale, un momento che ha segnato un successo straordinario.
“Gli occhi di Rasha sembrava non avessero alternativa, ma il consulto chiesto da Mestre al prof Busin riaccese un barlume di speranza. Quella speranza è diventata oggi il successo innanzi descritto. Rasha è stata sottoposta a trapianto lo scorso 29 maggio a Forlì, dove il prof. Busin stava mettendo a punto la sua cornea artificiale", ha raccontato Olga Ambrosanio, presidente dell’associazione ULAIA. "Quando due giorni dopo l’intervento le hanno tolto la benda e la collega mi ha informato che Rasha vedeva, mi sono precipitata in ospedale comprando un giornale che lei poi, tenendolo fra le mani, è riuscita a leggere. Era il 1 giugno 2024, a Forlì, all’Ospedale Villa Igea”.
INTRA-KER: La prima cornea artificiale ibrida italiana
La nuova cornea artificiale, chiamata Intra-ker, è stata ideata dal professor Massimo Busin dell'Università di Ferrara in collaborazione con la Fondazione Banca degli Occhi del Veneto ETS. Si tratta di un dispositivo sintetico realizzato in polimetilmetacrilato, composto da una parte centrale ottica e da estremità periferica che stabilizzano la protesi all'interno dell'occhio.
Il dispositivo viene avvolto da due sottili strati di tessuto corneale provenienti da donatori, il cosiddetto strato “pre-descemetico”, che evita il rischio di rigetto e mantiene la sua trasparenza nel tempo. Questa tecnica innovativa rappresenta una vera svolta nella chirurgia corneale, poiché consente di ridurre il rischio di fallimento del trapianto, che in casi normali può verificarsi in pazienti che non tollerano la cornea da donatore.
Ogni anno, nel mondo, si eseguono circa 185mila trapianti di cornea, ma 7mila di questi falliscono, e oltre 12 milioni di persone attendono un intervento. Intra-ker è stato sviluppato proprio per quei pazienti per i quali i trapianti tradizionali non funzionano. I primi tre interventi, eseguiti tra febbraio e maggio 2024 presso Ospedali Privati Forlì, hanno mostrato risultati promettenti a distanza di quattro mesi.
La Fondazione Banca degli Occhi del Veneto
La Fondazione Banca degli Occhi del Veneto ha svolto un ruolo cruciale nel processo, fornendo i tessuti corneali necessari per l'innesto. Per la prima volta, è stato trapiantato lo strato più profondo della cornea senza endotelio, una novità assoluta nell'ambito dell'eye banking. I tessuti, ricavati da due donatori, hanno dimostrato di mantenere una trasparenza del 70%, una condizione essenziale per il successo dell'operazione.
Questo intervento rivoluzionario, guidato dal professor Busin, fa parte di un progetto di ricerca finanziato dal PNRR, con il coinvolgimento di altre università italiane come quelle di Catania e Catanzaro.