L'intervista esclusiva

La storia di Federica Rizzo, ballerina mestrina che insegna agli americani come si danza sui tacchi a spillo

Veneta Doc ma per l’amore della "Heels Dance" arriva fino a Los Angeles. Con un sogno nelle "scarpette". Ora tutti la vogliono per videoclip, produzioni e corsi...

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Ballare, già così, semplicemente, muovendo il corpo a ritmo, è roba per pochi. Serve sicuramente un dono naturale, costanza negli allenamenti, fermezza, disciplina, orecchio. Se poi ci mettiamo anche ulteriori livelli di difficoltà, come per esempio delle scarpe con il tacco a spillo, di quei tacchi vertiginosi, che solo a guardarli sembra di essere sulle montagne russe, allora ballare diventa un'impresa.

Per molti. Quasi per tutti. Ma non per lei, Federica Rizzo, che di questa disciplina è diventata davvero un punto di riferimento. E non solo in Italia, Paese da cui è partita: ora anche negli States tutti la voglio, la cercano per i motivi più disparati.

Apparizioni in videoclip, in produzioni pubblicitarie, oppure per i corsi. Insomma da Mestre la 31enne è partita con un sogno e ce l'ha fatta. Ha conquistato l'America, e quella che vi raccontiamo in questa intervista esclusiva, è la storia di una ragazza veneta che non ha mai mollato...

La storia della ballerina Federica Rizzo: da Mestre a Los Angeles

Federica è una ballerina da quando ha memoria ma la svolta se la ricorda bene, a diciassette anni incontra l’Hip hop e non lo lascia più. La conferma è arrivata poi alla fine della quinta superiore quando ha capito che il suo futuro sarebbe stato su una pista da ballo o da nessuna altra parte.

A 20 anni il colpo di fulmine con la città del sogno americano: Los Angeles. Il viaggio con un’amica, prima, ma tre anni dopo la decisione di tornare da sola a New York, questa volta per restare. In realtà si è mossa come una trottola tra America ed Europa, per anni, tanto che risulta difficile mappare tutte le sue tappe, da Londra alla Germania, da New York alla sua ultima nuova casa a LA.

Federica ci ha raccontato la libertà di vivere il proprio corpo e quel senso di sicurezza che la danza può "regalare" (non senza una buona dose di fatica ovviamente) ma anche di come, persino a lei, ballerina professionista, facciano male i piedi a fine giornata... 

Iniziamo con i convenevoli, come ti chiami e quanti anni hai? 

"Mi chiamo Federica Rizzo e ho 31 anni".

Da dove vieni? E quindi Dove sei nata? 

"Sono nata a Mestre, arrivo da una famiglia veneziana DOC!"

Quanto è grande e variegata la realtà da dove vieni? Riusciresti a fare un paragone con la realtà che vivi invece oggi a Los Angeles?

"Ho vissuto tra Mestre e Treviso quindi realtà di vita abbastanza comuni però nel mio piccolo ho sempre avuto grandi soddisfazioni. Ho trascorso quasi due anni a New York quando mi sono diplomata alla Broadway Dance Center e li mi si è aperto un altro mondo, però diciamo la mentalità è simile a quella europea. Invece la realtà di vita a Los Angeles è completamente diversa rispetto l’Italia: valori, quotidianità, opportunità, lo stile di vita. E’ pazzesco come solamente tra New York e Los Angeles ho potuto notare molte differenze nella vita di tutti i giorni e nelle persone".

Che scuole hai frequentato da bambina?

"Fin da piccola ho frequentato varie scuole di danza moderna della provincia ne ho cambiate parecchie,  fino a quando a diciassette anni ho trovato quello che veramente faceva per me, l’Hip hop. Ho studiato alla Pnc Dance Project di Mestre, e da li è iniziato questo percorso professionale".

A che età hai iniziato a ballare e quando hai capito che sarebbe stato ciò che avresti fatto per la vita?

"Ho iniziato a ballare a nove anni. Ho capito che non avevo altre strade da percorrere e finita la quinta superiore non mi vedevo fare altro se non ballare. Da quel momento ho investito tutto il mio tempo, tutte le mie risorse nel riuscire a realizzarmi come ballerina professionista e in seguito come coreografa ed insegnante".

Quanti anni avevi quando sei partita da casa per la prima volta?

"Sono partita la prima volta per un mese a Los Angeles quando avevo 20 anni, ma non ero sola in quell’occasione ero assieme ad un’amica. Poi a 23 anni ho deciso di intraprendere da sola un’avventura di studio a New York e sono stata via quasi due anni, circa".

So che sei stata sia a Londra che in Germania cosa ti è rimasto di queste esperienze? 

"In Germania sono stata per fare lezioni di danza con insegnanti da tutto il mondo. A Londra invece ho fatto delle audizioni e dei lavori, entrambe le esperienze mi hanno aiutata a crescere come artista e come persona, mi hanno dato modo di confrontarmi ad alti livelli con altri ballerini".

Quali possono essere i problemi per una ragazza che decide di viaggiare da sola in Europa? 

"Viaggiare da sola per molto tempo può portare a sentirsi molto sole in alcuni momenti. In Europa, sicuramente è più facile essendo tutto più o meno simile all’Italia e sai di essere vicino a casa, non penso si possano avere grandi problemi a parte quello di riuscire a mantenersi e ad integrarsi al cento per cento".

Cos’è stato a farti fare il salto tra l’Europa e l’America? Quando ti sei sentita pronta?

"Pronta mai, ci saranno sempre molte paure e dubbi quando si fanno scelte importanti. Gli Stati Uniti sono da sempre un sogno per molti ballerini, per molti artisti. In città come Los Angeles, l’entertainment è un’industria gigantesca quindi ci sono molte opportunità per realizzarsi ad alti livelli, in Italia essendoci non molte occasioni è più difficile vivere delle esperienze simili. É stato questo il motivo della mia scelta: provare ad avere opportunità nella danza ad un livello più alto anche al di fuori del mio Paese".

Come è visto il viaggio, anche oltre oceano, all’interno della tua famiglia? Cosa ti manca di più di casa tua? Quanto spesso torni? C’è qualcuno che ti ha ispirato in questa traversata?

"Mi hanno sempre incoraggiata, non è mai facile stare lontani dalla famiglia soprattutto per noi italiani lo è di più! Mio papà era un sognatore ad occhi aperti e mi ha trasmesso fin da piccola questa voglia di vedere il mondo, di provare a buttarsi nelle cose e di sbagliare per crescere, sarà per sempre lui la mia ispirazione più grande. Di casa mancano gli affetti, ma conto di tornare prossimamente molto spesso, incastrando lavori negli Stati Uniti e lavori in Italia".

Tacchi: cosa ami di loro e cosa odi? 

"Il tacco è simbolo di femminilità ed eleganza, in passato non sempre mi sono sentita femminile mentre ballavo, indossare i tacchi sicuramente è da aiuto per sentirsi più sensuali, femminili e più sicure di noi stesse. Dopo allenamenti di ore sui tacchi devo dire che toglierli e lanciarli in borsa è la sensazione più bella, certe volte, lo ammetto, può essere veramente faticoso.

Per questo esiste una parte molto tecnica di riscaldamento prima di indossarli e ballarci, serve per preparare il nostro corpo a ballare con una scarpa che di per sé non è comoda e che non indossiamo proprio tutti i giorni, quindi questo riscaldamento aiuta soprattutto a non farci male e prepara i muscoli ad uno sforzo fisico non indifferente. 

Questa disciplina non insegna solo come camminare sui tacchi o a ballare ma a come esaltare e valorizzare la propria bellezza, sensualità e sicurezza avendo il giusto portamento e ballando con la giusta tecnica, il tutto ovviamente sui vari generi musicali".

Com’è vista la Heels Dance al di fuori del settore? Ci sono pregiudizi? Cosa credi si possa fare per abbatterli? 

"Forse a volte può sembrare una danza volgare che non tutti possono fare, molti pensano che per ballare “heels” si debba avere un fisico perfetto, essere giovani, essere donne, invece secondo me il tacco è simbolo di libertà.Chiunque può ballarci e ben venga se questo stile può aiutare le persone a sentirsi sé stesse, con più autostima, se può ad abbattere stereotipi e farci sentire più belli".

Dalle discipline che pratichi si capisce quanto ami praticare sport a corpo libero, pensi di essere in armonia con il tuo stesso corpo?

"Si a parte la danza, amo fare yoga, pilates, jogging, sono tutti sport a corpo libero. Senza un corpo in armonia non potrei fare la ballerina. E’ il motore di tutto quindi è giusto prendersene cura e questi sport mi aiutano a mantenermi in forze ed avere più’ energia positiva nelle giornate no".

Come ti rapporti con i corpi dei tuoi allievi, come cerchi di fargli vivere il loro rapporto con il corpo? 

"Per me è sempre stato importante prendermi cura del mio corpo non rispetto alla magrezza o aspetti estetici ma rispetto a tenere i miei muscoli in forma cosi da affrontare al meglio il mio lavoro da ballerina ed evitare infortuni. Ho sempre cercato di  trasmettere questo ai miei allievi, oltre al riscaldamento prima di ballare cerco di far capire l’importanza di mantenere il corpo in forma anche al di fuori della sala per appunto avere poi più energia e forza quando si balla. Il benessere fisico è strettamente correlato a quello mentale, quando si allena il corpo si allena anche la mente". 

La tua è una disciplina che oscilla tra una forte intimità e una grande appariscenza, come vivi questa ambivalenza? Come la vivono i tuoi allievi? 

"Sono sincera la parte di appariscenza non mi piace molto cerco sempre di interpretarla a mio gusto personale senza esagerare, in modo molto elegante ma ognuno è libero di esprimerlo come gli pare ovviamente siamo tutti ballerini, insegnanti e persone diverse. L’intimità si può interpretare in vari modi ed è questo che mi piace di questo stile. Ha varie sfaccettature, sfumature, ed è versatile su più fronti. C’è chi balla e interpreta in maniera più street, chi è più sentimentale o più tecnica.

Ai miei allievi ho sempre cercato di trasmettere questi miei pensieri e la mia conoscenza, capita poi che alcuni siano più timidi quindi interpretano in modo più sentimentale le coreografie, altri magari sono più estroversi; a loro dico sempre di esprimere loro stessi senza copiare me o altri, e spiego loro che non devono avere filtri quando ballano ma in quel momento devono evadere da tutte le loro insicurezze e paure".

In un periodo di continuo confronto tra corpi reali e corpi da copertina credi che la disciplina che insegni possa aiutare ragazze e ragazzi insicure/i a sentirsi a proprio agio con loro stessi? 

"Certo, solo il fatto di indossare i tacchi ci rende femminili e sensuali e questa danza aiuta a capire come sentirsi liberi esprimendo la propria femminilità ballando, tutto questo aumenta la consapevolezza ed aiuta ad avere più autostima in noi stessi".

Trovi differenze tra come viene intesa e vissuta la tua disciplina qua in Italia e all’estero, sia in Europa che in America? 

"No perché questa disciplina nasce dai video musicali e nasce in America, in Europa è cresciuta molto negli ultimi anni ma comunque quasi tutti i ballerini europei si basano su quello che hanno studiato e studiano, la maggior parte dei pionieri di questo stile arrivano dall’America. Qui negli States magari si evolve più velocemente, molti ora fanno fusion con salsa, balli più latini o più interpretativi, essendo il livello dei ballerini e coreografi molto alto in tutti gli stili".

Ora dove ti trovi e di cosa ti stai occupando? 

"Al momento sono a Los Angeles per lavoro. Sto lavorando in alcuni set per film, serie tv e pubblicità, non solo come ballerina ma anche come attrice, modella e poi continuo ad insegnare danza. Spero di riuscire a tornare in Italia a marzo per insegnare ad un’evento che ha come protagonista l’Heels Dance, si chiama “Heels Experience Revolution”, è un Heels intensive dedicato allo studio a 360 gradi di questo stile.

L’appuntamento è stato organizzato da un’altra ballerina, coreografa ed insegnante di Heels del Veneto, Samantha Muffato e come sempre sarà ospitato nella sua “Studio25 Salzano”, questo evento sta portando e porterà insegnanti da tutto il mondo ed è diventato una vera e propria community di ballerini appassionati a questa disciplina".

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