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Capannoni abbandonati in Veneto? E' cambiato il modo di fare impresa, ma restano un patrimonio da valorizzare

Confartigianato mostra i numeri dello studio effettuto nel 2022: le unità inutilizzate sono diminuite del 13% rispetto al 2016

Capannoni abbandonati in Veneto? E' cambiato il modo di fare impresa, ma restano un patrimonio da valorizzare
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La regione al lavoro sul testo unico "Veneto territorio sostenibile" per avviare progetti di rigenerazione urbana e pianificazione del territorio

Capannoni abbandonati in Veneto? E' cambiato il modo di fare impresa, ma restano un patrimonio da valorizzare

Capannoni inutilizzato in Veneto, Confartigianato ha fatto il punto sulla questione ponendosi una domanda: cosa è successo al patrimonio edilizio industriale-artigianale veneto negli ultimi 6 anni, dal 2016 al 2022?
Lo studio portato avanti mostra però come, rispetto alle 10.600 unità immobiliari produttive inutilizzate in Veneto rilevate nel 2016, negli anni ci sia stata una contrazione delle strutture abbandonate. Nel 2022 infatti ne sono state stimate "solo" 9.200, con una contrazione del 13%, pari a circa 1.400 unità immobiliari recuperate e riutilizzate. Parlando poi in termini di superfici: ci sono 18,15 milioni di mq di dismesso, in diminuzione del 16% rispetto alla precedente rilevazione del 2016.

“E’ una buona notizia che in Veneto, ancora uno dei territori più spreconi di suolo in Italia, si siano recuperati circa 3 milioni e mezzo di metri cubi di capannoni dimessi -afferma Roberto Boschetto Presidente di Confartigianato Imprese Veneto-. Un recupero sicuramente agevolato da una crescita del valore aggiunto del settore manifatturiero che, secondo i dati Istat, è cresciuto del 12,9% tra il 2016 e il 2021.

Diminiuiscono le imprese, ma crescono in dimensioni e cercano spazi idonei anche logisticamente

Anche se le imprese, secondo i dati Unioncamere, diminuiscono in termini numerici, crescono in modo rilevante gli addetti, +6,8% nel settore industriale e +14,6% nel settore della logistica. Una congiuntura quindi che conferma un cambiamento nella dimensione d’impresa e nel volume della produzione che porta con sé necessità diverse rispetto ad un tempo in termini di spazi, localizzazione ecc. Infatti -prosegue- è stato riconvertito prevalentemente il patrimonio di più grandi dimensioni, di tipologia riconducibile soprattutto al tipico capannone produttivo localizzato in area produttiva propriamente detta e posto in ambito ad alta connessione stradale. Il dismesso rilevato nel territorio al di fuori dagli ambiti produttivi propriamente detti, in contesti rurali, in ambiti impropri o inseriti in ambiti urbani consolidati risulta invece stabile e in alcuni casi in aumento.
È evidente la difficoltà di riconvertire tali spazi – spesso di piccole-medie dimensioni, localizzati in ambiti a ridotta accessibilità e spesso inglobati alla residenza – che rappresentano il 41% del patrimonio produttivo inutilizzato ad oggi in Veneto in termini di unità immobiliari (circa 3.400 unità immobiliari produttive sulle 9.200 inutilizzate stimate) e il 30% in termini di superfici (5,3 milioni di mq)”.

Ecco che, sebbene 1 unità immobiliare su 5 sarebbe da demolire in quanto inutilizzabile, con un 4% che rimane addirittura incompiuto, resta il problema di quel 41% del patrimonio abbandonato che conta di edifici che sorgono in ambiti rurali o in spazi poco funzionali ad un uso produttivo.

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Rigenerazione del territorio partendo dai capannoni dismessi: al via il progetto "Big Data"
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Rigenerazione e pianificazione del territorio

Ma in un presente che punta ad una economia circolare, c'è una soluzione anche per questo con specifiche politiche di intervento e riconversione.

“Due i risultati principali che ci siamo prefissi con questa nuova indagine -conclude Boschetto- Primo stimare il mercato che sarebbe possibile attivare dalla riconversione di tale patrimonio che risulta essere pari a 7,51 miliardi di euro. Benefici economici che potrebbero attivarsi nell’ipotesi di un pieno e totale riutilizzo di questi immobili e delle relative superfici, ai quali vanno sommati i potenziali benefici sociali (risposte alla domanda di spazi alternativi anche per usi sociali, superfici a disposizione per la sostenibilità energetica, opportunità di nuovi servizi e funzioni per le comunità, incremento della sicurezza e della qualità del contesto urbano) ed ambientali (risparmio di suolo consumato, risparmio di CO2, rinaturalizzazione del suolo ecc) ricavabili a livello locale.

Secondo mettere a disposizione un patrimonio informativo unico che può rappresentare la base utile per far maturare nel sistema delle imprese e nei Comuni maggiore consapevolezza sull’importanza di avviare processi di rigenerazione urbana. L’attenzione sulla pianificazione del territorio è infatti in carico alle Amministrazioni Comunali ma è anche vero che un ruolo importante lo riveste la Regione che può fissare limiti, vincoli ma anche agevolazioni per interventi che riportino a nuova vita edifici dismessi contribuendo così alla riduzione del consumo di suolo.

Al lavoro su un testo unico regionale dell'edilizia e dell'urbanistica

E, proprio da alcuni mesi, la Regione Veneto sta lavorando a un Testo unico dell'edilizia e dell'urbanistica che punta ad un riordino della normativa in materia di urbanistica, edilizia, paesaggio. Il Testo unico si chiamerà "Veneto territorio sostenibile" e a breve sarà oggetto di confronto con gli amministratori pubblici, la Parti Sociali e gli addetti del settore. Siamo convinti che il nostro lavoro potrà avere un ruolo fondamentale come lo ebbe quello del 2017 per la approvazione della legge 14/2017 sul Consumo di Suolo.”.

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