Attacco a Israele, si teme per la comunità ebraica veneziana: rafforzati i controlli al Ghetto
E' stata rafforzata la vigilanza nei confronti della Comunità ebraica locale, di enti economici, commerciali che sono in qualche misura collegati a Israele.
I turisti, come sempre, non mancano. Sfilano, incuriositi dai palazzi, affascinati da quel pezzo di storia che rappresenta molto per Venezia: il ghetto ebraico. Ma c’è qualcosa di diverso, l’atmosfera non è la solita.
Rafforzati i controlli al Ghetto
Si percepisce, insomma, che il simbolo della cultura ebraica nella Serenissima, in un certo senso, sia a rischio. I militari, soldati, Guardia di Finanza, gli agenti di Polizia locale, sono molti più del solito.
E questo dettaglio di certo non passa inosservato. Questo lo si deve a un piano scientemente studiato e adottato dal Ministero dell’Interno, non a una casualità. Di mezzo, infatti, tra la normalità del recente passato e oggi, c’è il conflitto tra le forze di Hamas e lo Stato di Israele.
Si teme anche per la comunità ebraica a Venezia
Conflitto che pone, in un certo senso, tutti i siti importanti per la cultura ebraica come potenziali obiettivi. Dato, questo, che ha reso necessario l’incremento, il rafforzamento delle misure di sicurezza in quelle zone ritenute sensibili. Prima tra tutte in Italia proprio il Ghetto.
Innalzare il livello di vigilanza e sicurezza, questo l’obiettivo, per evitare escalation di violenza anche fuori dall’area di conflitto in Medio Oriente.
Ma la decisione dello Stato non riguarda solo gli edifici: è stata rafforzata la vigilanza anche nei confronti della Comunità ebraica locale, di enti economici, commerciali che sono in qualche misura collegati a Israele.
Con un decreto del 29 marzo 1516 il senato della Serenissima Repubblica di Venezia rinchiudeva in un recinto separato gli ebrei presenti in città, segregandoli dal resto della popolazione: nasceva in tal modo il primo e più antico ghetto d’Italia.
Un po' di storia dal sito ufficiale del Ghetto
Nei secoli precedenti l’istituzione del ghetto, gli ebrei vissero, in prevalenza, nei paesi della terraferma veneta: poche furono le famiglie residenti in Venezia. Non trova più credito oggi tra gli studiosi la notizia che gli ebrei abbiano abitato l’isola della Giudecca, il cui nome deriverebbe piuttosto dal veneziano zudegà (famiglie giudicate e relegate nell’isola). I prestatori e i mercanti ebrei della terraferma erano esclusi da ogni corporazione e dal possesso di beni immobili, e costretti perciò, per vivere, a praticare il prestito su pegno o il piccolo commercio dell’usato (strazarìa). Essi avevano il permesso di soggiornare in città solo per un periodo non superiore ai quindici giorni consecutivi, durante i quali potevano praticare i loro commerci presso il mercato di Rialto, per poi tornare a Mestre. Alcuni potevano esercitare l’arte medica. Fino agli inizi del XVI secolo non fu ammessa una residenza stabile in città, tranne che nel breve periodo tra il 1382 e il 1397, quando, in una situazione di emergenza, fu stipulata una condotta (permesso) temporanea, durante la quale, nel 1386, gli ebrei poterono ottenere un terreno al Lido di Venezia per uso cimiteriale.
L’ISTITUZIONE DEL GHETTO
Dopo la sconfitta veneziana di Agnadello (1509), in una difficile situazione socio-economica, lo Stato veneziano accolse ebrei nel centro storico, con la condotta del 1513, in cambio di un contributo annuo di 6500 ducati. Molte abitazioni vicino a Rialto ospitarono famiglie ebree, con grandi proteste, tuttavia, da parte dei frati predicatori. Nel 1515, allora, fu proposto in senato di mantenere gli ebrei in città, tenendo conto del loro apporto economico, ma di segregarli in zone appartate. Scartate le ipotesi di chiuderli nelle isole della Giudecca o di Murano, con il decreto del 29 marzo 1516, fu approvata la proposta di rinchiudere tutti gli ebrei in Ghetto Nuovo.
“Tutti gli ebrei che al momento si trovano ad abitare in diverse contrade della città e quelli che in seguito verranno, sono tenuti e devono andare immediatamente ad abitare uniti nelle case che si trovano in Ghetto, luogo capacissimo, presso S. Girolamo”.
Si stima che circa settecento ebrei, tedeschi, italiani e alcune famiglie levantine, siano entrati, in breve tempo, nelle case del Ghetto Nuovo, pagando un affitto aumentato di un terzo e sotto il controllo delle severe magistrature della Serenissima Repubblica. Gli ebrei, obbligati, in tutta Italia, a portare come segno distintivo una “O” gialla sugli abiti, furono invece costretti a indossare, a Venezia, un berretto giallo; ne erano esentati solo alcuni banchieri e i medici. Il ghetto fu cinto da alte mura, i cui portoni si chiudevano alla sera per aprirsi solo all’alba, mentre giorno e notte alcuni guardiani, pagati dagli ebrei stessi, sorvegliavano il recinto, girando anche per i canali circostanti.
IL TERMINE ‘GHETTO’
Si discute molto sull’origine della parola ‘ghetto’. La parola appare nei vecchi documenti con varie grafie: ghèto, getto, ghetto, geto, ma a indicare spesso il luogo in cui furono rinchiusi gli ebrei, prima nel Ghetto Nuovo, poi nel Ghetto Vecchio. Quel “tratto di terreno chiamato il getto o il ghetto era la sede delle pubbliche fonderie, ove si gettavano le bombarde” e dunque “il luogo si chiamava el getto perché c’erano più di 12 fornaci e vi si fondeva il bronzo”. Ghetto, dunque, deriverebbe dal nome dell’isola dove esistevano le antiche fonderie. Questa è l’ipotesi che trova oggi i maggiori consensi tra gli studiosi, mentre altre etimologie appaiono più difficilmente accettabili. Spetta dunque a Venezia aver diffuso nel mondo la parola che indica segregazione e discriminazione sociale.