Morte improvvisa di Debora Berto, la Procura di Venezia apre un fascicolo
I famigliari vogliono chiarire le cause del decesso della 45enne di Torre di Mosto, stroncata da un malore ancora avvolto nel mistero.
Il Pubblico Ministero della Procura di Venezia ha aperto un procedimento penale con l’ipotesi di reato di omicidio colposo per l’improvvisa e prematura scomparsa di Debora Berto.
Morte improvvisa di Debora Berto
Il Sostituto Procuratore ha iscritto nel registro degli indagati, come atto dovuto, un medico dell’Ulss 4 Veneto Orientale, G. B., 34 anni, residente a Venezia, e ha disposto l’autopsia sulla salma della donna (la 45enne Debora Berto di Torre di Mosto) per stabilire le cause del decesso ed eventuali responsabilità da parte dei sanitari, incaricando come proprio consulente tecnico medico legale il dott. Giovanni Cecchetto, dell’Istituto di Medicina Legale dell’ospedale di Padova.
Il Ctu procederà all’esame mercoledì 23 dicembre 2020, alle 15.30, presso l’ospedale dell’Angelo, e avrà sessanta giorni per depositare la sua fondamentale perizia. Alle operazioni peritali parteciperà anche il medico legale dott. El Mazloum Rafi, messo a disposizione come consulente di parte per la famiglia della vittima da Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini che assiste i familiari della quarantacinquenne di Torre di Mosto.
Com’è tristemente noto, la donna, conosciutissima non solo nel suo paese di residenza ma in tutto il Veneto Orientale in quanto gestiva con il marito Mirko Sacilotto un’attività di commercio ambulante di abbigliamento e intimo nei vari mercati rionali della zona, mercoledì 16 dicembre, alle 12.40, si è accasciata sul tavolo di casa, vittima di un malore: allertato dal figlio, il marito, che si trovava in giardino, è accorso, ha chiamato il 118 e ha praticato alla moglie il massaggio cardiaco per 17, lunghi e interminabili minuti in attesa dell’ambulanza e dei soccorsi. Al loro arrivo i sanitari hanno continuato le manovre rianimatorie, iniettando anche l’adrenalina, ma non c’era stato nulla da fare.
Ciò che ha spinto il marito e il padre di Debora ad affidarsi, attraverso il responsabile della sede di San Donà di Piave, Riccardo Vizzi, a Studio3A e a sporgere denuncia querela presso i carabinieri di San Stino di Livenza per ottenere delle risposte, l’indomani, 17 dicembre, è la circostanza che la moglie da alcuni giorni lamentava dolori al polso e al braccio sinistro, tanto da essersi recata prima da un fisioterapista privato e poi, soprattutto, l’11 dicembre, al pronto soccorso di San Donà di Piave, riferendo puntualmente di questo classico sintomo dell’infarto.
Qui però i medici, dalle radiografie, le hanno riscontrato una “semplice” brachialgia, senza sottoporla ad alcun approfondimento di natura cardiaca, né l’elettrocardiogramma né gli esami del sangue per verificare gli enzimi. La paziente è stata dimessa con una terapia farmacologica, da assumere in cinque giorni, e con la prescrizione di una risonanza magnetica relativa però al tratto cervicale, che era già stata prenotata e che avrebbe dovuto effettuare proprio il giorno del decesso.
Sta di fatto che il problema è stato inquadrato come di natura ortopedica e non cardiaca, e come tale trattato: nei giorni seguenti i dolori provati dalla signora Berto in effetti si sono affievoliti, ma con ogni probabilità su questi “illusori benefici” hanno inciso gli antidolorifici molto forti che assumeva.
Il familiari non colpevolizzano nessuno ma vogliono capire se il malore che mercoledì 16 dicembre ha stroncato Debora Berto poteva essere diagnosticato in tempo e se la donna si sarebbe potuta salvare.