Lo strano caso dell'87enne di Mestre uccisa e delle due donne condannate per lo stesso delitto
Le motivazioni che escludono la revisione della sentenza per la donna, condannata a 25 anni di carcere per l'omicidio dell'anziana vicina di casa, saranno comunicate tra 90 giorni
Le porte del carcere rimangono chiuse per Monica Busetto, l’operatrice sanitaria 61enne mestrina condannata in via definitiva per l'omicidio dell'anziana vicina di casa in via Vespucci a Mestre, l’87enne Lida Taffi Pamio. In carcere dal 2014, si tratta di una delle vicende giudiziarie più intricate dell’ultimo ventennio e che ancora oggi lascia dubbi sulla reale colpevolezza di Busetto e sulla affidabilità della prova scientifica, unico elemento che ha condotto alla sua incarcerazione.
L’istanza di revisione presentata dagli avvocati della difesa Alessandro Doglioni e Stefano Busetto è stata respinta alla Corte d’Appello di Trento. Le motivazioni della mancata concessione saranno comunicate da qui a 90 giorni, e affermano gli avvocati che sicuramente si farà il ricorso per Cassazione.
Parlano gli avvocati
Afferma Doglioni: “A noi sembrava lapalissiana la questione: una sentenza con cui Monica viene condannata per aver commesso un omicidio da sola pur essendoci la presenza di Susanna Lazzarini e una sentenza di Susanna Lazzarini dove invece Monica Busetto viene esclusa completamente dall’azione o da qualsiasi coinvolgimento”
L’episodio risale a dodici anni fa, quando a ridosso delle festività natalizie, esattamente il 20 dicembre 2012, l'87enne Lida Taffi Pamio venne ritrovata dai Vigili del Fuoco a terra nel suo appartamento in una pozza di sangue, con evidenti segni di accoltellamento al collo e al ventre, mentre la casa fu messa a soqquadro.
Un omicidio brutale: la Scientifica evidenziò nei successivi rilievi che l’87enne venne strangolata, picchiata e accoltellata con almeno 40 fendenti. Non vi furono riscontri fino all’anno successivo, quando Monica Busetto, dirimpettaia della vittima e operatrice socio sanitaria del Fatebenefratelli di Venezia, venne arrestata come prima sospettata poi, dopo due anni, giunse la prima sentenza di condanna a 24 anni e mezzo per l’accusa di omicidio volontario con l’aggravante di crudeltà.
Dubbi sulla causa
Tuttavia, il movente rimase sconosciuto anche se vennero avanzate le prime ipotesi – forse per via di alcune diatribe riguardante la cura delle piante sul pianerottolo del condominio o l’odio verso le persone anziane di Busetto in genere - I giudici furono comunque convinti della sua colpevolezza e a riprova di ciò un unico elemento che, secondo gli inquirenti, non lascerebbe spazio al dubbio: il ritrovamento di una traccia di DNA su una collanina rinvenuta tra i gioielli di Busetto.
Dai controlli degli investigatori emerse che la collanina spezzata, fosse di proprietà della vittima, rubata durante l’omicidio e su cui venne trovata traccia biologica in misura infinitesimale della donna. Difatti, la prova non convinse all’epoca gli avvocati di Busetto, Stefano Busetto e Alessandro Doglioni, i quali sostengono ancora oggi che la quantità di materiale biologico rinvenuto si ferma ad appena 3 picogrammi e non escluderebbe la possibilità di una contaminazione, anche per via del fatto che il quantitativo sia stata riscontrato solamente al terzo esame sul reperto, a seguito di due referti negativi.
Subentra Susanna Lazzarini
Poi la svolta nel Capodanno 2015 quando una seconda donna, Susanna Lazzarini, venne arrestata per l'omicidio di un'altra anziana per motivi legati a un prestito di 100 euro, Francesca Vianello. Le due vicende non sembravano essere collegate, ma nel febbraio del 2016, la donna confessò di essere responsabile anche dell’omicidio di Lida Taffi, sollevando ulteriori dubbi sulla responsabilità della Busetto.
Con questa confessione, Busetto riuscì ad ottenere la scarcerazione con obbligo di firma e dimora per 8 mesi, ma non l’estraneità dall’omicidio Taffi per cui pendeva ancora la sentenza di primo grado sulla base di prove scientifiche. Così, ad oggi la donna ha scontato 10 anni di carcere e lo scorso 24 gennaio è stata respinta la richiesta avanzata dai suoi avvocati di revisionare il processo.
La lettura della sentenza è stata affidata al presidente Ettore Di Fazio, affiancato dai colleghi Gabriele Protomastro e Giovanni De Donato dopo una camera di consiglio di pochi minuti e che ha visto il ritorno presso il carcere di Montorio a Verona di Busetto.