Presidio a Venezia per la libertà di stampa a sostegno del giornalista Julian Assange
L'attivista 52enne australiano rischia l'estradizione e 175 anni di carcere per aver svelato segreti istituzionali e crimini di guerra
Ieri, martedì 20 febbraio 2024, a Venezia in centinaia per sostenere Julian Assange, giornalista australiano 52enne attualmente rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh per aver rivelato crimini di guerra commessi dagli USA in Iraq e altri segreti istituzionali.
Presidio a Venezia per la libertà di stampa a sostegno di Julian Assange
"Julian è un prigioniero politico, la sua vita è in pericolo": queste le dure parole di Stella Assange, moglie di Julian Assange, davanti all'Alta Corte britannica contro la richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti del giornalista australiano, che rischia 175 anni di carcere.
Il 52enne attivista ed esperto informatico ha rivelato nel corso degli anni crimini di guerra commessi dagli Stati Uniti in Iraq, ha fatto conoscere al pubblico casi di torture e detenzioni illegali perpetrate durante la cosiddetta "guerra al terrore" avviata dopo l'11 settembre 2001 (strage delle Torri Gemelle di New York).
Il suo lavoro giornalistico e di denuncia si esplicita nel 2010 con Wikileaks, un sito da lui fondato quattro anni prima utilizzato per pubblicare documenti segreti e riservati di istituzioni e autorità mondiali.
Accusato di spionaggio, ha trascorso 7 anni come rifugiato nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra e dal 2019 è rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh.
Migliaia di persone a Londra, Berlino, Bruxelles chiedono la sua liberazione. Il presidio anche a Venezia, tenutosi ieri martedì 20 febbraio 2024 in Campo San Geremia e organizzato dall'Associazione Articolo 21.
"Assange ha raccontato cos'è stata la guerra in Afghanistan e Iraq"
E' per la libertà di espressione. - Sostiene Ottavia Piccolo, presidente Articolo 21 Venezia - Julian Assange è un giornalista che ha raccontato cose che forse dovevano per alcuni restare segrete, ma che hanno permesso di capire che cos'è stata la guerra in Afghanistan e la guerra in Iraq.
Un incontro pacifico che, tuttavia, risuona in diverse città europee come un'eco a sostegno del giornalista australiano, simbolo della libertà di stampa e soprattutto della manifestazione del pensiero.