La perizia dei tecnici conferma: Giordano Sanginiti è morto a causa di una buca stradale
La condotta di guida del motociclista, quindi, era stata ineccepibile.
Come sostenuto dai suoi genitori e da Studio3A-Valore S.p.A., che li supporta, Giordano Sanginiti ha effettivamente perso la vita esclusivamente a causa di una delle tante, profonde ed estese buche della “nuova” Strada del Santo.
La perizia dei tecnici conferma: Giordano Sanginiti è morto a causa di una buca stradale
Non lasciano spazio a dubbi sulle responsabilità in capo all’Ente gestore dell’arteria, Veneto Strade, le conclusioni della consulenza tecnica affidata il 6 marzo scorso al perito industriale Gianfranco Pellizzaro dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Padova, dott.ssa Maria Luisa Materia, nell’ambito dell’incidente probatorio, preteso peraltro dallo stesso legale dei due funzionari della società indagati, che aveva “bloccato” l’incarico già disposto in tal senso dal Pubblico Ministero della Procura dott. Andrea Girlando chiedendo che la perizia venisse conferita direttamente dal Gip. I risultati sono stati oggetto di discussione nell’udienza tenutasi nel primo pomeriggio di lunedì 3 luglio 2023, presso il tribunale patavino.
I genitori di Sanginiti, che risiedeva con la sua famiglia a Mirano, nel Veneziano, e che studiava Medicina, avevano puntato il dito fin da subito sulle condizioni di dissesto della strada, peraltro non segnalate, opponendosi con forza all’ipotesi della mera “fuoriuscita autonoma”, e, per fare piena luce sui fatti, attraverso l’Area Manager Veneto Riccardo Vizzi, si sono rivolti a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, e all’avv. Davide Ferraretto, del Foro di Padova.
E’ stato quindi presentato un esposto e il dott. Girlando, titolare del procedimento penale per il reato di omicidio stradale, inizialmente contro ignoti, ha poi iscritto nel registro degli indagati due funzionari di Veneto Strade, gli ingegneri A. B., 38 anni, di Zelarino (Ve), responsabile della manutenzione delle strade Regionali e Statali per le province di Padova e Vicenza, e I. Z., 60 anni, di San Donà di Piave (Ve), anche lui dirigente responsabile del settore Manutenzione, presso la direzione di Mestre di Veneto Strade. Si è così arrivati all’incidente probatorio per procedere ad una perizia cinematica alle cui operazioni, come consulente tecnico per la parte offesa, ha partecipato anche l’ingegner Pierluigi Zamuner messo a disposizione da Studio3A.
Nell’udienza di ieri Gianfranco Pellizzaro ha dunque illustrato l’esito dei suoi accertamenti. “Il fondo stradale era ammalorato” scrive nella sua relazione il consulente tecnico incaricato dal giudice, che ha compiuto un meticoloso sopralluogo nel tratto della Regionale 308 dove, il 4 febbraio 2023, si è consumata la tragedia, al confine tra i comuni di Cadoneghe e Campodarsego, nel Padovano. Ed, in particolare, nel punto in questione dove il ventunenne miranese ha perso il controllo della sua moto Guzzi, il perito ha rilevato come, “per la presenza di una serie di riporti di asfalto datati, si era formata una gradinatura longitudinale alta circa tre centimetri rispetto all’asfalto adiacente sulla destra; inoltre a circa metà della lunghezza di tale zona era presente una frattura longitudinale profonda circa cinque centimetri”.
“Per tale situazione delle condizioni del fondo stradale il conducente del motociclo ha perso il controllo del veicolo che ha subìto uno sbandamento con deviazione verso sinistra, ha invaso la corsia di contro mano e ha urtato contro il guardrail” prosegue il consulente tecnico, venendo alla risposta chiave al quesito posto, e precisando anche che “il motociclista indossava il casco, che si è sfilato all’urto contro il guardrail ed è stato rinvenuto con la fibbia allacciata”, e, soprattutto, “che la velocità del motociclo era di circa 95 chilometri all’ora”, a fronte del limite vigente di 90 km/h, “praticamente rientrante nella tolleranza di 5 km/h prevista”: dunque, al giovane non è imputabile alcuna colpa, nemmeno una corresponsabilità.
Rispondendo in udienza, avanti alla dott.ssa Materia, alle domande postegli dal Pm e dei legali delle parti, il consulente tecnico ha altresì ulteriormente precisato che il “tristemente” noto e unico (per svariate centinaia di metri non ve n’erano altri) “cartello beffa” che segnalava il dissesto stradale, apposto a pochi metri dal luogo dell’incidente, non aveva il preavviso sufficiente - il codice della strada impone almeno 150 metri di distanza -, né per evitare l’ostacolo né per ridurre la velocità (come detto entro il limite) tenuta, e che non poteva essere visibile da più lontano: pochi giorni dopo il sinistro Veneto Strade aveva installato un cartello di “Attenzione, avvallamenti” a circa un chilometro dal luogo dell’incidente, prima dell’uscita per Bragni-Bagnoli.
E, ulteriore ammissione della grave carenza di manutenzione della strada, e fonte di polemiche, tra il 23 e il 25 febbraio la società aveva anche “rattoppato” alcune buche presenti in quel tratto, tanto che l’avv. Ferraretto, che aveva chiesto espressamente al Gip che i luoghi non venissero alterati prima delle operazioni peritali, aveva presentato formale istanza affinché l’asfalto a freddo che era stato aggiunto fosse rimosso per ripristinare le condizioni originarie del manto stradale durante l’attività dei periti, cosa che poi è stata fatta.
Pellizzaro, infine, ha sì ammesso che la buca in questione era più spostata verso il centro della carreggiata, ma, come ha evidenziato anche l’avv. Ferraretto, ha convenuto sul fatto che il giovane non potesse tenere l’estrema destra in ragione proprio dello stato disastroso in cui versava l’asfalto in quel punto, che lo ha inevitabilmente costretto a spostarsi leggermente verso sinistra.
Con l’udienza dell'altro giorno l’incidente probatorio è chiuso e il Gip ora restituirà gli atti al Sostituto Procuratore che dovrà decidere come proseguire l’inchiesta: forti di tali conclusioni, i familiari della vittima si aspettano naturalmente la richiesta di rinvio a giudizio per i due indagati ma confidano che vengano a anche perseguiti fino in fondo tutti i responsabili per poter finalmente rendere piena giustizia a Giordano.
“La nostra famiglia ha fiducia nella giustizia che farà il suo corso accertando, e noi crediamo fermamente che ce ne siano, tutte le responsabilità: quelle evidenti e quelle meno evidenti ma forse ancora più gravi – hanno scritto in una toccante lettera indirizzata al giudice la mamma e il papà del giovane, per raccontare innanzitutto che splendida persona fosse il figlio – Perché è doveroso verificare se i due tecnici di Veneto Strade indagati hanno fatto tutto quello che era loro possibile perchè Giordano e le altre persone che usufruiscono della Strada Regionale 308 potessero percorrerla in sicurezza, ma ci chiediamo anche se per un’arteria così importante per l’intera regione si debba ritenere che la responsabilità della sua messa in sicurezza possa ricadere solo su due tecnici o se, come crediamo, vada anche cercata nei vertici-depositari del potere economico-finanziario, politico e decisionale”.