Nipote morto nel 2011, il risarcimento viene accettato ad aprile 2020: il caso a Mestre
Superato il presupposto della convivenza per chiedere i danni morali: la Corte lagunare conferma l’illuminata sentenza di primo grado.
Il fatto era avvenuto nell'agosto del 2011: un giovane motociclista aveva perso la vita in un incidente stradale. La compagnia di assicurazione si era però rifiutata di risarcire la famiglia perché "non conviventi". Adesso, finalmente, è arrivata la risposta dalla Corte di Appello di Venezia.
Cosa era successo
Il 22 agosto 2011 a Mestre, in via Forte Marghera, Filippo Salamone, 23 anni, nato e vissuto a Palermo prima di trasferirsi nel Veneziano per lavoro, stava percorrendo il corso in scooter quando il conducente di una Golf, che procedeva nel senso opposto, verso il parco di San Giuliano, effettuando un'inversione di marcia ha girato a sinistra tagliandogli la strada: un impatto tremendo che non ha lasciato scampo al ragazzo. I familiari, per ottenere giustizia, si sono rivolti ad una società specializzata nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, Studio 3A, che si è attivata con la compagnia di assicurazione della vettura chiedendo un giusto risarcimento per i danni subiti dai propri assistiti.
Un mancato risarcimento
Indagini e perizie hanno evidenziato inequivocabilmente come l'incidente fosse da attribuirsi unicamente alla manovra e mancata precedenza del conducente della Golf, condannato a un anno di reclusione e di sospensione della patente. La compagnia si è però rifiutata di risarcire i due nonni di Filippo che abitavano nel palermitano, sostenendo che, nell'ambito del danno non patrimoniale da perdita del congiunto, il rapporto nonni-nipoti per essere rilevante andava ancorato al presupposto della convivenza.
Il parere del giudice
Lo studio ha contestato questa posizione, in virtù del forte legame che c'era tra il ragazzo e i nonni, nonostante la lontananza. Il giudice investito del caso, Luca Trognacara, della terza sezione civile del Tribunale di Venezia, ha dato ragione ai due ricorrenti riaffermando e rafforzando il più recente orientamento giurisprudenziale sul tema:
"E' sicuramente ammissibile il titolo risarcitorio in capo ai nonni, a prescindere dal requisito della convivenza, in forza del combinato disposto del vincolo di sangue con il rapporto concretamente tenuto con il nipote, anche in supplenza dei genitori impegnati in attività lavorative e da cui è quindi derivato un intenso legame affettivo che si preserva anche nel passaggio dei discendenti all'età adulta e ad una vita autonoma”.
La compagnia assicurativa era stata così condannata a risarcire anche i nonni con una cifra di circa 50mila euro. La stessa compagnia però ha appellato la sentenza, sostenendo che non sarebbe stato adeguatamente dimostrato il rapporto affettivo e di frequentazione tra nonni e nipote e che circostanze quali la loro presenza in sala parto al momento della nascita di Filippo erano irrilevanti, a fronte dell’assenza di convivenza. E contestando anche il “quantum” riconosciuto.
Ma la Corte d’Appello ha rigettato l’appello su tutta la linea:
“Al contrario, proprio tali dati di fatto, unitamente alla vicinanza delle rispettive unità abitative, venuta meno solo nell’ultimo periodo a seguito del trasferimento di Filippo a Venezia, dimostravano l’esistenza di un intenso rapporto affettivo risultato evidente anche in sede di prova testimoniale e che prescindeva dalla coabitazione tra i soggetti”
Scrivono i giudici nella sentenza del 21 aprile 2020, aggiungendo che:
“anche la frequentazione dei nonni ad opera del nipote continuativa e settimanale era un indice palese della sussistenza di un sano legame affettivo.”
Le sentenze della Cassazione
La quarta sezione cita a sostegno due recenti sentenze in cui la Cassazione statuiva che:
“in caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale “da uccisione”, proposta dai congiunti dell'ucciso, questi ultimi devono provare l’effettività e consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l'ampiezza e profondità, e ciò anche ove l'azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno; infatti, non essendo condivisibile limitare la “società naturale”, cui fa riferimento l'art. 29 Cost., all'ambito ristretto della sola “famiglia nucleare”, il rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato alla convivenza per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, escludendo automaticamente, nel caso di non sussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare in concreto l'esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto”.
La Corte d’Appello di Venezia ha inoltre ritenuto del tutto “aderente alla situazione concreta” la liquidazione stabilita dal giudice di prime cure, confermando dunque in blocco la sua decisione e condannando la compagnia assicurativa, oltre al risarcimento, alla refusione di tutte le spese processuali dell’ulteriore grado di giudizio.