L'intervista

Prof veneziano a Wembley diventa virale: "Pan, saame e prosecco, forza Italia"

Matteo Rubinato vive in Inghilterra dal 2009 e insegna Ingegneria all'Università di Coventry: "L'Italia mi manca molto e la tengo sempre nel cuore. Ci hanno intimidito fuori e dentro lo stadio, ma i conti si fanno alla fine. Sono fiero di essere veneto".

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Era lì, in mezzo ai tifosi inglesi, minacciato e intimidito. Ma non ha mai abbassato la testa. Anzi, ha tenuto ben in vista il suo cartellone, "Pan, saame e prosecco, forza Italia" che in pochi minuti ha fatto il giro del mondo. Consacrandolo all'immortalità digitale. Abbiamo parlato con Matteo Rubinato, 35 anni, tifoso veneziano a Wembley per la finale degli Europei, che ci ha raccontato un po' di lui e qualche retroscena sulla partita più infuocata della stagione.

Prof veneziano a Wembley diventa virale: "Pan, saame e prosecco, forza Italia"

Pane, salame e prosecco. Ma anche una cattedra alla prestigiosa università di Coventry, l'insegnamento di materie complesse come l'ingegneria civile e ambientale, il Veneto e l'Italia nel cuore. E l'amore per il calcio. Insomma, quanti "ingredienti" per questa storia. Procediamo con ordine. Abbiamo preso contatti con il veneziano "più famoso" del momento, il 35enne Matteo Rubinato, diventato virale grazie a un cartello esposto alla finale degli Europei a Wembley. Matteo, ma che ci facevi lì allo stadio?

"Vivo in Inghilterra dal 2009, dove mi ero trasferito inizialmente a Sheffield per finire la Laurea Specialistica in Ingegneria per l’Ambiente ed il Territorio che avevo cominciato all’Università di Padova. Visti gli ottimi risultati ottenuti, mi era stata offerta l’opportunità di fare un dottorato che ho sono riuscito a completare e difendere nel 2014. Subito dopo averlo ottenuto ho cominciato a lavorare come ricercatore all’Università di Sheffield e fino ad oggi sono arrivato a scrivere 35 articoli in varie riviste scientifiche".

Insomma un altro cervello in fuga, in altre parole. Che però non ha decisamente trovato la strada spianata. Anzi.

"Dopo tanti anni di gavetta come ricercatore universitario lavorando per progetti finanziati dal Dipartimento di Ricerca per l’ingegneria e le scienze fisiche in Inghilterra, e dopo tanti colloqui senza MAI mollare, perché qua in Inghilterra un immigrato deve fare dieci volte di più di quello che un inglese fa per ottenerne gli stessi successi, sono riuscito a diventare docente universitario all’Università di Coventry dove insegno diversi corsi di Ingegneria Civile e Ambientale, e mi sono trasferito dove ora vivo e ho comprato casa, a Rugby (il paese dove è nato proprio questo sport)".

 

Ma il cuore resta in Italia, in Veneto. Giusto? Anche se con la pandemia non deve essere stato semplice.

"Durante gli anni ho sempre cercato di visitare la mia famiglia che vive a Cavarzere almeno una o due volte l’anno, l’Italia mi manca molto e la tengo sempre nel cuore. Purtroppo però da quando il Covid19 ha stravolto la realtà globale, non sono riuscito a tornare e con il continuo cambiamento di restrizioni e regole da rispettare, il futuro resta incerto sulla prossima data che mi permetterà di riabbracciare la mia famiglia. Nonostante tutte le negatività che questo Covid19 ha creato, qualcosa di piacevole si è verificato in queste ultime settimane, l’Europeo 2020, di cui molte partite si sono giocate a Londra".

Più che un campionato di calcio, forse, questi Europei sono stati un'opportunità per svagarsi un po'. Per viaggiare, anche simbolicamente, e per scaricare la tensione di un periodo segnato dal Covid.

"Proprio grazie all’impossibilità degli Italiani di viaggiare nel Regno Unito, sono riuscito a vedere in prima persona a Wembley sia la Semifinale contro la Spagna che la grandissima finale contro i padroni di casa, l’Inghilterra. Per la semifinale il biglietto è stato acquistato sul sito dell’Europeo mentre per la finale sono riuscito tramite una prelazione per gli italiani che vivono in Inghilterra e che hanno la tessera del tifoso della Nazionale".

Chissà quanto è stato emozionante sedere in quello stadio, nel tempio del calcio... raccontaci un po' le tue sensazioni, facci rivivere quei momenti.

"Mentre in semifinale, dura e tirata, eravamo quasi metà e metà, in finale eravamo pochi, ma come disemo noaltri veneti “pochi ma boni”! Abbiamo cantato, a squarciagola, non ci siamo mai fermati nonostante le intimidazioni incivili fuori e dentro lo stadio, prima e dopo la partita. Ci guardavamo e continuavamo a sorridere e questo infastidiva gli inglesi. Rispondevamo ai loro insulti con gli applausi (e ad essere sinceri anche qualche cenno alla regina) e ci davamo forza l’un con l’altro, con lo spirito che solo noi italiani abbiamo e la creatività che il mondo intero ci invidia, di cui dobbiamo essere tutti molto fieri".

Non deve essere stato facile. Insulti, minacce, intimidazioni. Non proprio quello spirito intriso di fairplay che ci si sarebbe aspettati. Forse alcuni tifosi inglesi sono andati un po' oltre...

"Per tutti noi, che viviamo qua, che per settimane ne abbiamo sentite di tutti i colori su come avessero già vinto e come noi fossimo stati fortunati, questa vittoria ha molto, ma molto più valore che per gli italiani in Italia, perché ci permette di continuare a camminare con la testa molto più alta e non permette agli inglesi di aprire bocca, perché ancora una volta loro sono i perdenti, e i conti si fanno sempre alla fine. Cantare l’inno, incitare i nostri giocatori, gioire per i goal decisivi sono momenti che non dimenticherò mai. Sono FIERO di essere italiano, MA SOPRATTUTTO SONO FIERO DI ESSERE VENETO. Ci tengo a ringraziare di cuore ad Andreas della pagina Facebook Il Veneto Imbruttito che ha condiviso sui social la foto con il mio cartello".

 

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