Fallita missione Zennaro: dal commissariato al carcere
Con l'intervento del direttore generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie della Farnesina, Luigi Vignali, c'era la speranza che all'imprenditore venissero almeno concessi i domiciliari, per liberarlo da una detenzione a dir poco disumana.
C'era del cauto ottimismo qualche giorno fa, anche da parte delle massime autorità regionali venete, per la scarcerazione dell'imprenditore veneziano Marco Zennaro, imprigionato in Sudan dal oltre 60 giorni. E invece, purtroppo, è arrivata la doccia gelata per i famigliari: il dirigente del Venezia Rugby resta in Africa, in carcere.
Fallita missione Zennaro: dal commissariato al carcere
Si sperava nella liberazione, nella scarcerazione, almeno nel trasferimento in un albergo in regime di arresti domiciliari, per sbloccare una situazione al limite del paradossale e disumana. E invece, purtroppo, nonostante l'impegno della Farnesina, per ora l'imprenditore veneziano Marco Zennaro resta in prigione in una cella sovraffollata a Khartum in Sudan.
Lo scorso fine settimana il ministro degli Esteri Luigi Di Maio aveva inviato in Sudan il direttore generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie, Luigi Vignali, il quale atterrato lunedì, si era subito messo all'opera per recuperare tutte le informazioni necessarie attraverso incontri con le autorità locali.
C'era anche stato un incontro tra Vignali e Zennaro. L'obiettivo della missione era chiaro: definire in tempi rapidi la posizione del cittadino veneto e migliorare le condizioni di detenzione, auspicando una risoluzione della situazione. Ma la missione è fallita, almeno fino a questo momento: martedì, infatti, Zennaro era ancora in cella.
Dal volo in Sudan alle manette
Martedì erano due mesi esatti dal primo aprile, giorno in cui il veneziano è stato fermato dai miliziani proprio mentre stava per imbarcarsi su un volo per l'Italia. Le manette erano scattate per una denuncia per truffa presentata da un imprenditore sudanese, Ayman Gallabi, a cui Zennaro aveva fornito alcuni prodotti destinati alla società elettrica nazionale.
Ma gli apparecchi, secondo Gallabi, non erano conformi. A metà marzo, dunque, il primo arresto con la detenzione in albergo. Attraverso una transazione economica, poi, il sudanese aveva cambiato versione, ritirando le accuse e lasciando libero l'italiano. Ma una volta arrivato in aeroporto per Zennaro erano scattate nuovamente le manette, con il trasferimento, questa volta, in carcere.
Una nuova querela, questa volta presentata da Abdallah Esa Yousif Ahamed, considerato il finanziatore di Gallabi e vicinissimo al sanguinario generale Mohamed Hamdan Dagalo, per un fatto ancora avvolto nel mistero: nei giorni precedenti, infatti, era stato trovato senza vita il corpo di Gallabi, nel Nilo. Il finanziatore dell'uomo trovato morto continua a chiedere, in pratica dal primo giorno di prigionia, 700mila euro per ritirare ogni accusa.