LO PSICOLOGO SPIEGA

Covid-19, troppe informazioni: come reagiamo? #3: i complottisti

Input spesso infondati o contrastanti si propagano ancor più rapidamente del virus. Ne abbiamo parlato con Claudio Gargantini, psicologo e psicoterapeuta iscritto all’albo della regione Lombardia, specializzato in Psicoterapia Breve Strategica.

Covid-19, troppe informazioni: come reagiamo? #3: i complottisti
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Il mondo globalizzato ci pone di fronte a due facce dell’epidemia di Covid-19: quella "biologica", legata al diffondersi del virus, e quella "psicologica", legata alla divulgazione parallela e incontrollata di informazioni. Il punto è che la propagazione di informazioni, spesso infondate o contrastanti, si muove ancor più rapidamente del virus, influenzando le menti e le loro più peculiari reazioni.

Come reagiamo ai tanti, troppi input che ci arrivano? Ne abbiamo parlato con Claudio Gargantini, psicologo e psicoterapeuta iscritto all’albo della regione Lombardia, specializzato in Psicoterapia Breve Strategica presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo, diretto dal professor Giorgio Nardone.

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Covid-19: tante, troppe informazioni

Parlando di comunicazione di massa occorre sottolineare come alcune notizie riescano a essere più contagiose del virus stesso. La potenza contaminante di queste notizie è direttamente proporzionale all’impatto emotivo che riescono a suscitare nel pubblico.

"Solitamente sono le storie, i dettagli personali e le immagini evocative che detengono il potere persuasorio maggiore. Se per esempio volessi aumentare l’impatto persuasorio nel comunicare ad un gruppo di persone la maggior pericolosità di contagio in assenza di mascherina, potrei far vedere loro l’intervista di una persona che abbia contratto il covid-19 rifiutandosi di indossarla, immagini in cui mi sono fatto raccontare tutti i particolari della sofferenza vissuta, prima e dopo il suo ricovero in ospedale".

Queste logiche persuasorie possono però essere sfruttate da chiunque, indipendentemente dalle finalità, etiche o meno che siano.

Claudio Gargantini

Come ridurre l'ansia: i complottisti

Proseguendo nella descrizione delle possibili reazioni alla “sbornia” informativa di questo periodo, passiamo ora ad osservare quelle caratterizzanti le persone cosiddette “complottiste”.

"Solitamente il paranoide complottista è un individuo che ha poche relazioni sociali, si sente frequentemente emarginato ed è dotato di una bassa autostima. Spesso questa persona si sente esclusa dalla società e per difendersi attacca preventivamente; in alcuni casi si chiude ulteriormente in se stessa, emarginandosi sempre di più e incrementando ulteriormente la rabbia e la paura provata nei confronti dell’ignoto.

Sul web queste persone trovano facilmente persone simili a loro, sentendosi così accettate e parte di una comunità. I complottisti si sentono depositari di una verità conosciuta da pochi e compresa da un cerchio ancora più ristretto di individui. Questa loro credenza forte, ossia di essere i guardiani di una verità alternativa rispetto a quella conosciuta dalla massa, implica che qualsiasi tentativo di negargliela o di squalificargliela attraverso un’argomentazione razionale finisca con il favorire ulteriormente la loro rigidità di pensiero e li ponga ancora di più in una posizione difensivista".

Quindi, che fare?

"Se vogliamo persuadere un complottista con una rigidità di pensiero così estremizzata, occorre accettare le sue premesse e innescare una modifica della sua credenza dall’interno, instillando piccoli dubbi che agiscano come fossero dei tarli. Lasciando crescere questi dubbi dentro di lui possiamo favorire un cambiamento del suo punto di vista e trasformare lui in un prezioso collaboratore, orientando la sua rabbia verso obiettivi più costruttivi come la difesa della società o la protezione dei più deboli.

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